E’ il regno della Dormiente. Che giganteggia da assoluta protagonista in ogni angolo del parco regionale con il nome delle sue vette principali, il Taburno e il Camposauro.

Dodicimila370 ettari di bellezza e natura selvaggia, corrispondenti ai territori di quindici comuni del Sannio beneventano, che tutti insieme raggiungono i 25mila abitanti.  Un itinerario naturalistico meritevole di essere vissuto in ogni periodo dell’anno, che tuttavia raggiunge il massimo della sua attrattività nelle stagioni intermedie dal clima più dolce e dai colori più vari. iannelli vigneto

Quello dell’immensa oasi a occidente di Benevento è un territorio per la gran parte di montagna, con dislivelli fino a 4mila metri e le caratteristiche di un massiccio calcareo con forti scoscendimenti verso le valli fluviali, che lo incoronano e lo impreziosiscono con la loro placida magnificenza.  Protetto nella sua totalità e complessità dal 1993, comprende al suo interno la prima area messa sotto tutela della storia: la Real Riserva del Taburno, creata da Carlo III di Borbone, che prediligeva quei luoghi per la selvaggina, soprattutto cinghiali, a cui erano destinate le caccie reali. In seguito, si comprese che dalla preservazione di quella parte del Sannio, soggetta ad un disastroso disboscamento per fare spazio ai pascoli, dipendeva la portata idrica delle sorgenti del Fizzo  che alimentavano le cascate della Reggia di Caserta. Perciò l’amministrazione del Real Sito ordinò nel 1786 che non si abbattessero più gli alberi e che fossero proibiti i pascoli.

iannelli vigneto

Sempre i Borbone, nel 1846, fecero impiantare oltre i mille metri abeti bianchi e faggi. La storica abetina si identifica oggi con la Foresta Demaniale del Taburno. Un altro luogo speciale è il Piano Melaino, una depressione carsica che fa da enorme inghiottitoio per le acque meteoriche. Peraltro, l’intero massiccio Taburno-Camposauro è povero di corsi d’acqua. Perciò nella parte nord si trova un’enorme cisterna per la raccolta dell’acqua piovana, a beneficio dei cavalli e dei bovini che d’estate  vanno al pascolo nelle praterie montane. Gli stessi Borbone avevano in quella zona il deposito estivo dei cavalli dell’esercito.

Alle falde dei monti le aree coltivate a vigneto, uliveto e frutteto si alternano alla macchia mediterranea, con presenza di piante officinali, robinia, roverella, ginestra, castagno,  leccio, faggio, pino, abete; oltre i 700 metri, si trovano acero, carpino e frassino; oltre i 900, il faggio forma una vera foresta, mentre tra i 1000 e 1100 metri prevale il leccio.  E la primavera ammanta di viole e di orchidee selvatiche le conche di Campo CepinoCampo Trellica e Piano Melaino.

Alla varietà delle specie botaniche si aggiunge quella della fauna. I mammiferi sono rappresentati da cinghiali, volpi, lepri, martore, ricci, talpe, scoiattoli. Tantissimi gli uccelli: negli alberi vecchi i picchi (anche il picchio muratore), cince more, cinciallegre, merli, passeriformi, scriccioli, colombacci, tordi sassello, cornacchie grigie. C’è una colonia di corvo imperiale, mentre i crepacci e i boschi di alta quota sono il regno dei rapaci. Non mancano anfibi e rettili anche rari, come l’ulone dal ventre giallo, la salamandrina dagli occhiali, il biacco e il saettone.

Nel parco si snodano cinque percorsi con sentieri e aree attrezzate: Via dei Mulini, Via del Borgo, Via del Grano, Via dei Briganti e Via del Vino, visto che siamo nel cuore dell’area di produzione dell’Aglianico del Taburno. E camminando tra i boschi si incontrano rovine di eremi, come quello di San Michele del IX-X secolo, il monastero longobardo di Santa Maria della Ginestra e la Casina Reale di caccia dei Borbone. Di grande interesse sono la Grotta di San Simeone con resti di affreschi seicenteschi e la Grotta di San Mauro

I quattordici Comuni del Parco sono: Bonea, Bucciano, Cautano, Foglianise, Frasso Telesino, Melizzano, Moiano, Montesarchio, Paupisi, Sant'Agata De' Goti, Solopaca, Tocco Caudio, Torrecuso e Vitulano.

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