Fu il mare, pietoso, ad accompagnare le sue candide membra ormai senza vita, deponendole su un lembo di terra emersa davanti al capo Enipeo, estrema propaggine meridionale del golfo di Poseidonia. Così la sirena Leucosia, dopo l’incontro fatale con Ulisse, legò indissolubilmente il suo nome all’isola e al verde promontorio di Licosa, regno silenzioso degli arbusti profumati della macchia.

Lì dove, secondo Aristotele, sarebbe sorto un tempio dedicato a Leucotea, la dea che scorre sulla bianca schiuma del mare. Omero per primo li cantò, quei luoghi del mito, prediletti dai ricchi romani che vi costruirono raffinate ville marittime. Di una, dotata di una grande vasca per l’allevamento delle murene, il mare ha custodito nel tempo resti importanti. Tra i principali attrattori, oggi, dell’Area Marina Protetta di Santa Maria di Castellabate, autentica meraviglia del Cilento blu.

Interamente compresa, con i suoi 7.095 ettari, nel Parco del Cilento Vallo di Diano e Alburni, da cui è gestita, e nel territorio del comune di Castellabate, l’Area Marina Protetta si estende in un braccio di mare tra la Punta di Ogliastro e la Baia del Saùco e, a terra, ingloba due ettari di costa incontaminata, popolata da ulivi e fichi.

4c PUNTA LICOSA DSC04647Sottoposta ai maggiori vincoli è la zona A di riserva integrale, che copre il tratto di mare tra Punta Tresino, riconosciuto Sito di interesse comunitario (Sic) per il suo valore ambientale, dove sorge una torre angioina, e Punta Pagliarola, alla cui protezione provvedeva una torre aragonese. All’esterno della zona A e nel tratto tra Punta Torricella e Punta dell’Ogliastro è la zona B di riserva generale, di ben 4mila ettari, la porzione più estesa dell’Amp, a cui si accompagna una zona B1 nei pressi di Licosa. L’isola, dov’è l’antico faro, è un Sito di interesse comunitario per la sua preziosa diversità biologica. Vi si trova anche un endemismo: la Podarcis sicula Klemmeri, una lucertola dalla livrea verde-azzurra.

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La parte di mare restante dell’Amp, di circa 3700 ettari, rientra nella zona C di riserva parziale.

Il mare dell’area protetta si caratterizza per la presenza di alcuni degli habitat più interessanti e significativi del Mediterraneo, con una grande varietà di specie sia vegetali che animali. E la particolarità, unica, della presenza del Flysch del Cilento, che connota i tratti costieri e i fondali fino a cinque miglia. Lo si trova al largo di Licosa e di Ogliastro Marina. Le rocce sedimentarie, dagli strati alternati e di diverso colore di arenaria e di argilla, con grotte e cavità in parte o completamente sommerse, rappresentano un substrato favorevole all’insediamento, a terra, delle specie tipiche della macchia mediterranea e, a mare, della Posidonia.

Vaste praterie della fanerogama tipica del Mediterraneo si estendono nella zona del promontorio e dell’isola di Licosa, davanti alle spiagge del Pozzillo, dell’Ogliastro e del Lago. punta licosa6Tra il lungo e fitto fogliame trovano rifugio e allevano le nuove generazioni molte specie di animali marini: tra cui cernie, saraghi, murene e aragoste e il tropicale pesce pappagallo, ma anche madrepore, gorgonie, spugne e briozoi. E la Siriella Castellabatensis, un crostaceo scoperto dalla Stazione Zoologica Anton Dohrn, che molto ha contribuito con i suoi studi alla nascita dell’Amp. Sempre in quell’area, Baia Arena di Ogliastro Marina è stata spesso teatro negli anni recenti della rara deposizione di uova della testuggine Caretta caretta. Altra tipicità del tratto di mare tra Ogliastro Marina e Punta Licosa è la triglia di scoglio nota come Rossa di Licosa, che cresce solo lì.

Oltre i 20 metri di profondità, si incontrano i fondali formati da coralligeno, opera soprattutto di alghe rosse e verdi, dove vivono spugne, madrepore, gorgonie, briozoi, bivalvi, e anellidi e numerosi pesci.

Fondali così vari e ricchi di vita sono ideali per le immersioni anche a bassa profondità. A nord, davanti a Capo Pagliarolo, si trovano due aree molto apprezzate e frequentate, dove le rocce e le cavità subacquee ospitano numerose specie. A sud, la Secca della Bella, a bassa profondità, è adatta a praticare lo snorkeling, mentre più al largo e più in profondità, la Caduta della Bella propone fondali di rara bellezza.

Oltre alle meraviglie naturali, l’Area Marina di Castellabate custodisce anche importanti testimonianze archeologiche, oggi sommerse per effetto dell’innalzamento del livello del mare. Per questo la villa marittima con la vasca per le murene di epoca romana si trova oggi a circa un chilometro dalla costa, davanti alla spiaggia del Lago. Proprio lì, nel 2010, sotto la sabbia dell’arenile, è stata ritrovata una cava di pietra del VI secolo a.C. dalla quale i Greci Trezeni, insediati sulla costa cilentana, estraevano i blocchi cilindrici di arenaria, utilizzati come rocchi delle colonne dei templi dorici della vicina Poseidonia, la Paestum dei Romani.

Un’altra importante scoperta archeologica ha consentito di identificare davanti a San Marco, dov’è il porto moderno di Castellabate, i resti sommersi di Erculea con il molo di epoca romana. La città inghiottita dal mare era uno scalo molto frequentato dalle navi che facevano rotta verso nord ed era il punto di appoggio per gli approvvigionamenti delle triremi della flotta imperiale dirette al porto militare di Miseno.

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