Arrivando da Napoli, il primo step della Costiera è Vico Equense, incastonata nelle rocce che strapiombano sul mare.
Il paesaggio è dominato dal Monte Faito, la cima (1100 metri) più alta della catena dei Monti Lattari con i suoi boschi ricchi di essenze arboree rarissime come l’abete bianco. Il toponimo deve le sue origini a Aequana, l’antico borgo marinaro. Il nome odierno deriva dall’unione di vicus, villaggio, all’aggettivo equensis, derivato da Aequana. L’atmosfera di Vico è molto particolare: viuzze, panorami e borghi, tra zone collinari e spicchi di litorale. Il territorio è il più esteso della penisola sorrentina e per apprezzarlo, si può cominciare dai tredici casali che si incontrano salendo lungo la strada che porta al Faito: un percorso affascinante, punteggiato di stratificazioni d’insediamenti secolari e di vicende.
Come quella legata alla fondazione della frazione di Massaquano, il più antico tra i casali, che deve il nome a un gruppo di profughi sfuggiti alle persecuzioni dei Turchi nel IX secolo. Numerose anche le chiese di interesse artistico e architettonico: a Moiano, la frazione più alta, c’è la Chiesa di San Renato che conserva una statua del santo risalente al XVI secolo. Arola è invece ai piedi del monte Ferano, ed è nota perché nella zona sorge l’ex Eremo camaldolese, in splendida posizione, in località Astapiana: al complesso, completato nel 1607, si accede da una bassa torre merlata. Da visitare anche la Parrocchiale di Sant’Antonino, il più imponente edificio religioso dei casali. La frazione di Seiano è una delle più popolate e importanti, sul fianco della collina che quasi divide i due Comuni di Vico e Meta. Da vedere, la Chiesa di Santa Maria Vecchia e la Parrocchiale di San Marco. L’ex Cattedrale o Chiesa della Santissima Annunziata costituisce l’unico esempio di chiesa gotica in Costiera: è a picco sul mare e fu costruita per volere del vescovo Giovanni Cimmino tra il 1320 e il 1330. La facciata, rifatta più volte, è settecentesca. Sorge nel centro storico, l’interno è a tre navate: quella centrale custodisce importanti opere d'arte come le tele di Giuseppe Bonito, il sarcofago del vescovo Cimmino e la tomba di Gaetano Filangieri, celebre economista che visse e morì nel castello Giusso nella seconda metà del ‘700. Di notevole interesse è anche il Santuario di Santa Maria del Toro, la cui fondazione nel 1530 come cappella votiva – secondo la leggenda – è dovuta ad episodi miracolosi legati al ritrovamento in una grotta di un’immagine della Vergine. L’interno è a navata unica. Sul panorama equense si staglia, dunque, il Castello Giusso la cui architettura originaria risale agli inizi del XIV secolo e fu opera degli angioini. Sotto i Carafa, il castello venne ampliato: Federico Carafa nel 1535-40 fece costruire il palazzo baronale che corrisponde all’attuale corpo centrale. Nel 1828 il complesso fu acquistato da Luigi Giusso e, dal 1935 al 1973, vi si insediò la Compagnia di Gesù. Da segnalare, poi, l’Antiquarium, che custodisce materiale archeologico proveniente da una necropoli scoperta nella zona urbana e datata dal VII al V secolo a. C. e il Museo Mineralogico Campano, che custodisce campioni di circa 3500 minerali provenienti da tutto il mondo e collezionati dall’ingegnere Pasquale Discepolo. Sulla costa di Vico va ricordato lo Stabilimento termale dello Scrajo, fondato nel 1895 da Pietro Scala su una sorgente già nota in età imperiale.
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