Colore rosso rubino, complesso mix di profumi, lungo invecchiamento, il vino Villa dei Misteri è il frutto della rinascita della viticoltura dell’antica Pompei.
Una storia di duemila anni, tornata viva vent’anni fa, quando i calchi in gesso dell’antico impianto romano rivelarono le specie coltivate, le modalità di allevamento, l’ubicazione esatta dei vigneti. Nacque così l’idea di reimpiantare le viti dov’era possibile e si iniziò nei pressi dell’anfiteatro. Negli anni, la superficie recuperata alla viticoltura ha raggiunto un ettaro e mezzo, in quindici appezzamenti situati nelle Regiones I e II, dove le nuove viti sono state messe a dimora esattamente dove i calchi hanno indicato l’esistenza di quelle romane. Si cominciò con due vitigni antichi, il Piedirosso e lo Sciascinoso, a cui si è aggiunto in seguito l’Aglianico, vinificato per la prima volta insieme alle altre uve nel 2007. Anche l’allevamento avviene come nell’antichità, con l’ausilio di pali per i primi due vitigni e la potatura ad alberello di tradizione greca per l’Aglianico. Così ogni anno, ad ottobre, è tempo di vendemmia dal Foro Boario alla Casa del Triclinio estivo, dall’Orto dei fuggiaschi alla Caupona del Gladiatore, dalla Caupona di Eusino alla Domus della Nave Europa. Quantità limitata, ma grande qualità, la produzione di Pompei è intorno alle 1500 bottiglie all’anno di un apprezzato IGT, che viene commercializzato dopo diversi anni di invecchiamento, contribuendo a finanziare nuovi restauri. E anche grazie ai vigneti torna a vivere il paesaggio di Pompei com’era prima di quel tragico giorno del 79 d.C.
___