E’ il più piccolo borgo della Costiera e d’Italia, ma l’unico tra i centri della sua area d’influenza a cui la Repubblica di Amalfi concesse di fregiarsi del titolo di civitas.
Separata dalla potente vicina da una distanza di poche centinaia di metri , Atrani era legata ad Amalfi da un gemellaggio che consentiva ai suoi abitanti di potersi definire atranesi ovunque andassero, mentre tutti gli altri cittadini della Repubblica erano identificati da una sponda all’altra del Mediterraneo genericamente come amalfitani. E solo atranesi e amalfitani avevano il diritto di eleggere i governanti della Repubblica, che celebrava la cerimonia d’investitura dei dogi proprio nella chiesa di San Salvatore ad Atrani. Dove risiedevano le famiglie più in vista di Amalfi, godendo delle bellezze offerte da quel morso di terra incastonato tra il monte Aureo, già monte Maggiore, a ovest e il monte Civita a est, allo sbocco della valle del Dragone, formata dall’omonimo torrente. Del resto, quella piccola baia utilizzata come scalo costiero da Etruschi e Greci, era stata popolata per la prima volta stabilmente in epoca romana, come Amalfi, da gruppi provenienti da Scala e da Ravello, che lì avevano trovato un approdo protetto e una valle ospitale, sebbene la leggenda vi collocasse un dragone che sputava fuoco.
«Se ci si gira, la chiesa confina, come Dio stesso, col mare…», scrisse Walter Benjamin dopo aver conosciuto Atrani nel 1924. E sul mare, separata solo da una teoria di archi oltre i quali c’è la spiaggia, si apre ad anfiteatro piazza Umberto I, cuore del borgo antico di pescatori che ha conservato la sua impronta originaria. Lì dove un tempo si riparavano le barche quando c’era tempesta, ora vive il salotto dei bar, dei negozi e delle botteghe con i prodotti locali intorno alla caratteristica fontana di pietra. E da lì partono le viuzze che s’inerpicano verso la parte alta del paese, da dove si godono i panorami più suggestivi. E’ in pieno centro anche la chiesa di San Salvatore de’ birecto, che deve parte del suo nome al berretto, il birecto, simbolo del potere conferito ai dogi o duchi di Amalfi. In quella chiesa si svolgeva la solenne cerimonia di investitura e tra quelle mura venivano conservate anche le loro ceneri. Edificata prima dell’anno Mille, la chiesa presenta una facciata neoclassica con un’artistica porta di bronzo realizzata a Costantinopoli, donata nel 1087 dal nobile Pantaleone, che aveva riservato altrettanto omaggio al Duomo di Amalfi. Sulla facciata vi è anche un orologio sovrastato da un campaniletto a vela. L’interno, preceduto da un pronao, è a pianta quadrata con tre navate coperte da una volta a botte. Di particolare pregio un pluteo di marmo del XII secolo, decorato con dei pavoni in rilievo di fianco ad un albero centrale. Attigua a San Salvatore è la chiesa di Santa Maria Immacolata, a una navata, sovrastata da una volta a botte. Vi è murata un’urna cineraria romana. Nelle immediate vicinanze si trova anche la cappella di Santa Gertrude.
I tre luoghi sacri concentrati nella piccola piazza danno il senso dell’incredibile numero di chiese e cappelle che contava anticamente Atrani: ben trecento in meno di un chilometro quadrato di territorio. Con l’aggiunta di sei cenobi sul Monte Maggiore. E’ legata ad un episodio importante della storia atranese la Collegiata di Santa Maria Maddalena Penitente, inconfondibile con la sua cupola di maiolica policroma e la torre campanaria quadrata a più registri ornati da monofore. Fu costruita nel 1274 sui ruderi della rocca medievale come rendimento di grazie della cittadinanza a Dio, per averla liberata dalla guarnigione di mercenari che re Manfredi aveva insediato in città per vendicarsi della sua alleanza con il Papa. La felice posizione sul promontorio che domina il borgo permette di ammirare il golfo di Salerno.
Altra posizione panoramica sul monte Aureo, sotto la Torre dello Ziro, è quella della chiesa di Santa Maria del Bando, del XII secolo, a cui si accede attraverso una ripida scala. Formata da un’unica aula, ha un pavimento di maiolica proveniente dalla chiesa di Santa Maria Maddalena. Vi si conserva un’urna cineraria di marmo bianco con una iscrizione che la collega ad un liberto degli imperatori Claudio o Nerone. Il nome sarebbe originato dall’antica usanza di annunciare i bandi pubblica dalla terrazza esterna, affacciata sul paese, ma, secondo la leggenda, farebbe riferimento alla grazia concessa dalla Madonna a un uomo bandito e condannato all’impiccagione ingiustamente. Episodio illustrato nell’affresco del ‘400 sopra l’altare. Del 1601 è la chiesa del Carmine dal campanile in stile moresco, un’unica navata coperta da una volta a botte e una decorazione di gusto barocco. Sull’altare è esposto un quadro quattrocentesco della Madonna del Carmine, forse proveniente da un’edicola preesistente. Di grande valore storico-artistico il Presepe del ‘700, che viene allestito per Natale, in cui sono raffigurati nobili e abitanti di Atrani allora realmente vissuti.
I muri esterni sempre malridotti, che si dice portino i segni della peste, rievocano la destinazione a cimitero e a fossa comune delle vittime della pestilenza del 1656 della La chiesa di San Michele fuori le Mura, posta in una cavità del monte Civita, vicino alla porta nord al confine con Ravello. L’interno è a forma trapezoidale e sulle pareti di roccia inclinate sono collocati gli antichi sepolcri.
Di madre atranese, Masaniello nel 1647, inseguito dai soldati del vicerè, si rifugiò a 500 scalini dalla casa materna sul versante orientale di monte Aureo, in quella che da allora si chiama Grotta di Masaniello. Sempre sul monte Aureo, sotto la torre dello Ziro, introdotta da un magnifico limoneto, si apre la Grotta dei Santi, l’unica parte che si è salvata dell’antico monastero benedettino dei Santi Quirico e Giulitta, che reca sulle pareti affreschi del XII secolo in stile bizantino con le figure dei quattro Evangelisti
Ph: Christopher Morello
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