Una gita a Napoli non è completa se non si percorre San Gregorio Armeno per scegliere i pastori, a prescindere (citando Totò) dal periodo natalizio, in una dimensione – quella dei Decumani – che è come «un presepe nel presepe» in un riflesso moltiplicato di specchi.
Presepi e pastori che continuano a essere rappresentazioni immaginifiche della nascita di Gesù, documenti e finestre sulla vita di duemila anni fa, ma anche un gran teatro aggiornato di colori e umori della contemporaneità, con l’innesto continuo di nuove figure di terracotta, di nuovi idoli resi tali dalla cronaca, dallo spettacolo e dalla teatralità della realtà mediatica. Il presepe napoletano è tutto questo e altro ancora, e ciò spiega il suo posto sul podio dei simboli da catturare come ricordo di un soggiorno nel cuore di Napoli.
Il suo successo fa pendant con quello della porcellana di Capodimonte, merito della bravura degli artigiani di rendere unici i prezzi prodotti, grazie alla qualità dell’impasto, alle decorazioni raffinate fatte a mano e al rivestimento superficiale, compatto, che rende brillanti i colori. Una produzione artistica, quella della porcellana, che si è conservata: ha abbandonato le forme e le tipologie originarie (piatti e statuine) per orientarsi verso scelte più commerciali, quali gli articoli da regalo, le bomboniere, i cestini di fiori, i pezzi d’arredo e i soprammobili, che mantengono il loro fascino e si trovano nelle botteghe specializzate.
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