Di fianco al più alto e imponente edificio dell’antico convento francescano già municipio e della chiesa di San Francesco, rischia, se non di passare inosservata, di non essere valutata tra i luoghi imperdibili dell’isola.
Eppure, la chiesa dell’Arciconfraternita di Santa Maria delle Grazie o Visitapoveri merita assolutamente di essere visitata per l’atmosfera da cui si viene accolti e per le numerose e inaspettate bellezze artistiche.
La chiesa fu edificata intorno al 1614, quando si costituì anche la Congrega di Visitapoveri, poi riconosciuta Arciconfraternita nel 1829, con la finalità di tener vivo il culto per la Madonna delle Grazie, a cui la chiesa è dedicata, e di sostenere materialmente, oltre che in confratelli, chiunque ne avesse bisogno. Un disastroso incendio danneggiò seriamente la struttura e gli arredi, ma i confratelli subito dopo avviarono un restauro e dotarono la loro chiesa di opere ancora più significative, che ammiriamo ancora oggi.
La chiesa presenta una caratteristica doppia facciata. La più esterna, con un bel portale di piperno, incornicia e chiude il cortile che dà accesso all’edificio sacro. La facciata in stile mediterraneo di quest’ultimo è sormontata dagli archetti che sorreggono le due campane e da obelischi piramidali in muratura. Reca, inoltre, una mediana. C’è anche una cupola, che s’innalza al di sopra dell’altare.
La chiesa è a pianta rettangolare, a navata unica, con tre ordini di stalli di legno laterali con pregevoli balaustre, come si trovano spesso nei luoghi di culto delle confraternite isolane. La mancanza di sedili al centro, mette ancora più in evidenza il meraviglioso pavimento in maioliche decorate con motivi naturalistici opera del grande Ignazio Chiaiese. Al centro dell’opera, sotto la raffigurazione di due confratelli dai caratteristici mantelli azzurri assorti in preghiera, c’è la data di realizzazione, il 1791.
La penombra che connota l’interno e accoglie dolcemente fin dai primi passi, lascia spazio al fascio di luce che proviene da un suggestivo finestrone al lato dell’abside, da cui si ammirano il mare e il promontorio del Soccorso. Quell’armonia di luce e di ombra è la cornice ideale per i dipinti che spiccano sul biancore delle pareti. Si tratta perlopiù di opere dell’artista di Lacco Ameno Alfonso Di Spigna, che fu anch’egli confratello e ricoprì la carica di priore nel 1754. Di grande impatto è la sequenza degli ovali che raffigurano vari momenti della vita della Madonna: Annunciazione, Visita a Elisabetta, l’Assunta, Immacolata, Sposalizio della Vergine, Natività, Martirio del Battista e Assunta. Sempre del Di Spigna è La Madonna delle Grazie con i Santi Giuseppe e Rocco. Sull’altare spicca la tela de Il Battista con il Redentore, attribuita ad Anna Maria Manecchia o a Guido Reni. Della metà del Settecento sono anche l’organo e la cantoria che si stagliano sulla controfacciata sopra l’ingresso.
Nell’attigua sacrestia è custodita in una teca di vetro la statua di legno dorato dell’Angelo, scolpito nella bottega napoletana di Francesco Mollica nel 1620. Fino a qualche anno fa, prima di essere sostituita da una copia, l’Angelo animava nel giorno di Pasqua la spettacolare “Corsa dell’Angelo” sul corso principale di Forio, insieme alle statue lignee del Cristo Risorto, della Madonna e di San Giovanni di autore ignoto, commissionate dai confratelli nel 1756.
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