«Questa terra ricca di boscaglie e ruscelli che ora sgorgano dalle rocce e ora si riempiono e serpeggiano nelle ridenti valli, è impreziosita da tutte le bellezze di una natura selvaggia ma anche benevola»

 F. L.  Stolberg   1791 ’92-‘94

Fu un lupo, hirpo come lo chiamavano nella loro lingua osca, a guidarli verso sud dal territorio, il Sannio, dove si erano insediati i loro antenati provenienti dalla Sabina. Il folto gruppo di giovani sanniti alla ricerca di nuove terre da popolare s’inoltrò tra i monti boscosi, scoprendo valli verdeggianti percorse da fiumi che le rendevano fertili.

Tanti fiumi, la grande ricchezza di quella regione che in seguito doveva prendere il nome di Irpinia dalla tribù sannita, gli Irpini, che vi si era fermata. E che aveva scelto proprio il lupo come animale sacro.

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Nel cuore dell’Appennino campano, l’Irpinia è circondata dalle montagne, che ne rappresentano i confini naturali rispetto alle regioni circostanti. Un tempo rifugio di briganti, a nord ovest si erge la catena del Partenio, con una successione di vette tra le quali la più famosa, sebbene solo terzultima per altezza, è quella di Montevergine, che accoglie l’omonimo santuario. Scrigno di diversità biologica sia vegetale che animale, i monti del Partenio sono coperti da una fitta vegetazione che cambia a seconda dell’altitudine. A tutela di questo enorme patrimonio naturale è stato istituito il Parco regionale del Partenio tra le province di Avellino, Benevento, Caserta e l’Area Metropolitana di Napoli.

A nord est si trovano, invece, i Monti della Daunia, che prendono il nome dalla vicina regione della Puglia con cui sono condivisi: di conformazione argillosa, si connotano per un’altitudine piuttosto modesta. E quest’ultima è una caratteristica comune a tutti i rilievi della parte orientale dell’Irpinia, in particolare la porzione della dorsale appenninica compresa tra la cosiddetta Sella di Ariano, ovvero il valico che collega il bacino dei fiumi Ufita e Miscano alla valle del Cervaro, e le alture della Baronia. Sempre sulla dorsale non fa eccezione, con i suoi 800 metri di altitudine, l’altopiano del Formicoso, che nella boscosa Irpinia si distingue piuttosto per la mancanza di alberi, ciò che lo rende da sempre un’area vocata al pascolo e alle coltivazioni estensive di grano e legumi. 

Ancora a oriente, ma al sud, s’incontra il Monte Vulture, antichissimo vulcano oggi spento e verdeggiante, che segna il confine con la Basilicata. Dalla parte opposta, a sud ovest, s’innalzano imponenti i Monti Picentini, con le vette più alte di tutta l’Irpinia: il Cervialto con i suoi 1809 metri, il più occidentale Terminio, che raggiunge i 1806, e a oriente il Polveracchio, alto 1790 metri. Formati da rocce calcaree e dolomitiche, i Picentini sono fasciati da fitti boschi protetti da un parco regionale. Tra le varie specie arboree si distingue il raro pino nero, anche se il territorio è famoso soprattutto per i castagneti, che assicurano una delle produzioni di eccellenza del territorio irpino. Inoltre, i fenomeni carsici caratteristici di questa catena montuosa, insieme alle abbondanti precipitazioni piovose e nevose, alimentano numerose sorgenti, che formano la terza più ricca riserva d’acqua d’Europa e la principale del Mezzogiorno d’Italia. È tra i Picentini, infatti, l’origine della maggior parte dei fiumi che percorrono e dissetano fin dall’antichità la Campania e le regioni circostanti. 

E’ sul monte Accellica, tra i Picentini, che nasce il Calore Irpino nel territorio del Comune di Montella, il primo dei  tredici centri dell’Irpinia che il fiume attraversa, scorrendo in direzione nord, prima di entrare nel Sannio beneventano. Sul lato opposto dei Picentini, sul colle Finestra del Monte Terminio prende vita il Sabato, il cui nome deriva dai Sabini, popolo d’origine dei Sanniti. Fiume dal vasto bacino, per un ampio tratto confine tra le province di Avellino e Benevento, nella parte irpina raccoglie le acque di vari corsi d’acqua minori, tra i quali  il fiume Fenestrelle, che s’immette nel Sabato nei pressi di Atripalda, dopo aver attraversato la città di Avellino.  

Anche il secondo fiume dell’Italia meridionale per volume delle acque, il Sele, ha le sue sorgenti principali tra i Picentini, per l’esattezza alle pendici del Monte Paflagone, contrafforte del Cervialto, dal quale riceve il Rio Zagarone, suo primo affluente, a cui si aggiungono altri torrenti lungo il percorso verso sud, prima di lasciare l’Irpinia per entrare in territorio salernitano. E il Monte Cervialto sovrasta la Piana del Laceno, che si estende più in basso, intorno ai mille metri, con l’omonimo lago alimentato dal torrente Tronola.

È nella verde Irpinia attraversata ovunque da torrenti, ruscelli e rii che nasce il più importante fiume pugliese, l’Ofantocantato da Orazio e citato da Virgilio. Dalla sorgente nei pressi di Torella dei Lombardi attraversa per 68 chilometri la provincia di Avellino, per poi passare in Basilicata e in Puglia. Intanto, nei pressi dell’antica città di Compsa, dagli anni Settanta del secolo scorso le acque dell’Ofanto formano il lago di Conza, bacino artificiale dov’è un’oasi naturale del Wwf. Condivisi con la Puglia sono anche il fiume Cervaro, che nasce sui Monti della Daunia per poi entrare in Irpinia e ripassare successivamente in terra pugliese, e il Calaggio, originario dell’Irpinia dove scorre per una trentina di chilometri prima di diventare pugliese.

Anche la zona più brulla dell’Irpinia, l’altopiano del Formicoso, genera il suo fiume, l’Ufita, che forma un’ampia valle prima di entrare nel Sannio, dove riceve un altro fiume di origine irpina, il Miscano, noto perché nella sua valle si trovano le cosiddette Bolle della Malvizza, ovvero una distesa di vulcanetti di fango posta a circa 500 metri di altitudine, che è anche un sito di notevole interesse scientifico.