Uno scrigno prezioso, che custodisce gioielli artistici dal non meno importante valore storico.
La chiesa madre di Salerno, dedicata al patrono San Matteo, ma anche a Santa Maria degli Angeli, titolo ereditato dalla precedente chiesa paleocristiana, a sua volta fondata su un tempio romano, fu voluta dal nuovo duca Roberto il Guiscardo nel 1080, tre anni dopo che si era impadronito della città. Decisivo fu anche l’arcivescovo Alfano I che, ritrovate le spoglie di San Matteo, sepolto dal X secolo nella chiesa preesistente, fece costruire in fretta la cripta, che già nel marzo 1081 accolse il corpo dell’Evangelista. L’intero progetto fu invece ultimato nel 1084, quando a luglio il Duomo fu consacrato dal Papa Gregorio VII, esule a Salerno.
La nuova cattedrale si ispirava all’abbazia di Montecassino come l’aveva voluta l’abate Desiderio. Nel corso dei secoli avrebbe poi subito diverse modifiche, fino al rifacimento barocco seguito al terremoto del 1688, a cura degli architetti Ferdinando Sanfelice, Arcangelo Guglielmelli e soprattutto di Carlo Buratti, autore di alcuni interventi all’interno, ma soprattutto dell’attuale sistemazione esterna. Che presenta una scala di marmo a doppia rampa al posto dello scalone medievale. Si arriva così alla Porta dei Leoni, che prende il nome dalle due statue ai lati, raffiguranti un leone e una leonessa che allatta un cucciolo, simboli della Potenza e della Carità della chiesa. Al di sopra del portale è posto un architrave, formato un unico blocco di marmo, reca scolpiti uccelli che beccano datteri, tralci di vite, una scimmia e un leone, tutti elementi legati a simbolismi biblici come in altre parti della chiesa. Lungo l’architrave un’iscrizione celebra la pacificazione tra Roberto il Guiscardo e il nipote Giordano, principe di Capua. Nella lunetta sovrastante il fregio c’è un affresco seicentesco raffigurante San Matteo che scrive il Vangelo ispirato dall’angelo attribuito ad Angelo Solimena.
Oltre la Porta dei Leoni si apre un maestoso - e raro – quadriportico sorretto da ventotto colonne di spoglio di ordini diversi con archi a tutto sesto rialzato. Lungo il perimetro sono collocati dei sarcofagi romani riutilizzati come sepolcri di nobili salernitani. Al centro una vasca di granito che in precedenza era un fonte battesimale. Sopra gli archi si trova una balaustra marmorea con le statue dei Santi Matteo, Bonosio e Grammario di Matteo Bottiglieri. Sulla facciata, la porta di bronzo a riquadri fusa a Costantinopoli nel 1099, dono di Landolfo Butromile. Sul lato meridionale s’innalza il campanile di 56 metri del XII secolo, in stile arabo-normanno, commissionato da Guglielmo da Ravenna. Ricco di elementi simbolici, si sviluppa su tre piani culminanti in una cupola sferica, simbolo di Dio, che accoglie ben otto campane di diverse epoche. Tra il campanile e la facciata fu aggiunto il cosiddetto Auditorium di Santa Caterina, che al piano terra è occupato dalla Sala San Lazzaro e attigua è la sala dove insegnò San Tommaso d’Aquino. In quegli spazi si svolgevano le attività della Scuola Medica Salernitana.
La chiesa all’interno è a pianta basilicale a tre navate longitudinali, distinte da pilastri, con un transetto rialzato e tre absidi. Nella navata centrale, dalla volta a botte ad incannucciata del Seicento, si trovano due pregevolissimi amboni con sculture e mosaici: a sinistra il Guarna del 1180, sulla destra il D’Ajello, il maggiore, del 1195, entrambi identificati con i nomi degli arcivescovi committenti. Davanti al D’Ajello il candelabro per il cero pasquale con mosaici e marmi. In fondo, l’altare con paliotti d’argento.
Sulle navate laterali si aprono cappelle e custodiscono i dipinti di San Gennaro di Francesco Solimena e della Pentecoste di Francesco De Mura. Di Angelo Solimena sono gli affreschi Madonna col Bambino tra Sant’Agata e Santa Caterina d’Alessandria, protettrice della Scuola Medica Salernitana, nella navata di destra, e in quella di sinistra Gesù tra San Giovanni Evangelista e San Fortunato. Nella navata destra si trova una statua lignea del XXIV secolo e in quella di sinistra il monumento funebre a Margherita di Durazzo di Antonio Baboccio da Piperno. Nel transetto si distingue il pavimento di mosaico policromo del XII secolo. Dopo la sacrestia si apre la Cappella del Tesoro con preziosi reliquiari e statue d’argento dei Santi Martiri Salernitani, che ogni anno vengono portate in processione in occasione della festa patronale. Quanto alle tre absidi, in quella di sinistra, la cappella del Ss.Sacramento, è adorna di mosaici e dell’affresco del Battesimo di Gesù nel Giordano; quella centrale custodisce l’affresco la Vergine con Gregorio VII, l’arcivescovo Alfano e Roberto il Guiscardo che dona la Cattedrale e la moglie in preghiera;quella di destra, detta dei Crociati, ospita la cappella con la tomba di San Gregorio VII e l’affresco raffigurante San Matteo con l’arcangelo San Michele e i Santi Lorenzo, Giacomo, Giovanni e Fortunato.
Al di sotto del Duomo è posta la cripta, come una seconda chiesa creata per accogliere il corpo di San Matteo. Vi sono sepolti anche i Martiri Salernitani: Caio, Ante, Felice e Fortunato. Un cippo ligneo sarebbe quello dove furono decapitati e, secondo una leggenda, se vi si accosta l’orecchio si può udire il sangue che pulsa. L’ambiente è un’aula con colonne coperte di marmi policromi, opera settecentesca di Francesco Ragozzino. Agli inizi del Seicento la cripta era stata riconvertita al barocco imperante dall’architetto Domenico Fontana, che aveva affidato i dipinti della volta con scene del Vangelo di Matteo e qualche episodio di vita cittadina al pittore Belisario Corenzio. Al centro della cripta è collocata la tomba del patrono sormontata da un baldacchino. La statua del Santo che scrive è bifronte, opera bronzea di Michelangelo Naccherino del 1606. Al di sotto c’è la scatola in cui si raccoglieva la manna di San Matteo, il liquido trasparente che trasudava dalle reliquie, un miracolo che si è ripetuto fino al 1830.
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