È nato per tutelare l’area archeologica custodita dal mare e disvelatasi nell’insenatura di Baia a partire dalla fine degli anni Sessanta del secolo scorso. Un parco sommerso, istituito nel 2002, che nel 2007 è stato equiparato ad un’Area Marina Protetta e affidato per la gestione alla Soprintendenza archeologica, che protegge con il Parco archeologico dei Campi Flegrei anche quanto dell’antica Baia si è conservato sopra il mare.
Il bradisismo che connota l’area flegrea e ne produce un lento e progressivo sprofondamento a mare, infatti, ha fatto arretrare di circa 400 metri la linea di costa rispetto all’epoca in cui Baia era una delle località di villeggiatura più in voga tra i patrizi romani, che per cinque secoli, tra il II a.C. e il III d.C., scelsero numerosi di edificare sontuose ville di otium in quella zona di grande bellezza e ricca di sorgenti termali, altra manifestazione della sua natura vulcanica. Di quelle costruzioni private, insieme ai templi, agli edifici pubblici e alle strutture portuali della città romana, una parte significativa è stata ingoiata dal mare, che l’ha protetta rendendola a lungo invisibile e sconosciuta alle generazioni di abitanti e frequentatori succedutesi fino al Novecento. Il tratto di mare compreso nel parco, corrispondente a una superficie di 177 ettari, si estende tra il litorale di Bacoli e Pozzuoli, dal limite estremo a sud del porto di Baia, corrispondente al cosiddetto Molo Omlin, fino al cosiddetto Molo di Lido Augusto. Emersi negli anni Trenta dei materiali di inequivocabile origine in occasione dell’escavo del porticciolo di Baia, che serviva allora come approdo anche per i bastimenti che collegavano Ischia e Procida alla terraferma, dovette passare ancora parecchio tempo, prima che si avviasse un’opera scientifica di esplorazione di quel fondale che si sarebbe rivelato tanto prezioso. Fu dal 1959 che, grazie all’opera dell’archeologo subacqueo Nino Lamboglia, tornò poco a poco alla luce la parte della costa divenuta fondale marino, con il suo “contenuto” di ville marittime, impianti termali, peschiere, opere portuali, mosaici, statue, oggetti di vita quotidiana. E perfino le pilae di cemento che avrebbero dovuto difendere l’antico abitato costiero dalla furia del mare, ma che nulla poterono contro i movimenti del bradisismo.
É zona A di protezione integrale lo specchio acqueo intorno a Punta Epitaffio, che segna il limite settentrionale dell’insenatura attuale di Baia. Lì la campagna di scavo degli anni Ottanta ha individuato un ampio locale absidato, rivestito di marmo pregiato con una grande vasca centrale e un condotto d’acqua che segue tutto il perimetro, da cui dovevano alzarsi dei getti d’acqua decorativi. In quello spazio, utilizzato come triclinio, è stato identificato un ninfeo, che ha restituito uno straordinario gruppo scultoreo raffigurante Ulisse con il compagno Bajos (da cui deriva il nome Baia) nell’atto di offrire del vino a Polifemo per tentare di salvarsi la vita e altre statue di Dioniso e di membri della famiglia giulio-claudia. Anche per questo il ninfeo è stato attribuito all’imperatore Claudio ed è stato ricostruito presso il Museo archeologico nel sovrastante Castello, dove sono esposte anche le sculture che vi sono state rinvenute. Nei pressi del ninfeo è riemerso anche un complesso termale
Sempre nella zona A, a 5 metri sotto il livello del mare, si trovano i resti della Villa dei Pisoni, risalente al I a.C., appartenuta alla famiglia che cospirò contro Nerone, cosicché venne espropriata della sua proprietà, che fu trasferita direttamente all’imperatore. Della villa è stato trovato l’ampio giardino con porticato su cui si aprono le sale dell’impianto termale e da cui si arriva agli approdi e alle numerose vasche per l’allevamento dei pesci, molto usate nelle ville costiere.
Sempre nella zona A, sulla strada costeggiata da taverne affaccia anche la Villa Protiro, così chiamata per la presenza di un protiro che immette in un porticato su cui si aprono diverse stanze, tra cui una è decorata con un mosaico di tessere bianche e nere, che formano una decorazione di forma esagonale.
Verso il limite sud del parco è situata la zona B di riserva generale, dove sono state ritrovate le strutture del porto commerciale di Baia e del Portus Julius, costruito nel 37 a.C, dall’architetto Cocceio per volontà di Marco Vipsanio Agrippa durante la guerra civile tra Ottaviano e Pompeo. Quell’approdo, che era collegato da canali navigabili con i vicini laghi di Lucrino e d’Averno, era riservato alla flotta militare del Tirreno. Ma non rimase in funzione a lungo, per un fenomeno di insabbiamento che lo rese inutilizzabile già dopo venticinque anni, soppiantato dal vicino porto di Miseno.
Tra la zona A e la B, la parte centrale del parco è zona C di riserva parziale con la Secca Fumosa, che trae il suo nome dalla presenza di fumarole.
La diffusione di piante marine come la Posidonia oceanica e la Cymodocea nodosa ed un fondale a precoralligeno sono ambienti ideali per la vita e la diffusione di varie specie animali, compresa una variegata fauna ittica. Nel parco di Baia è protetto un patrimonio naturale non meno pregevole di quello storico-archeologico: entrambi possono essere goduti attraverso le visite subacquee, che rientrano tra le attività umane consentite anche nelle zone a più alto livello di protezione. Il sito è visitabile anche con una barca attrezzata, con grandi specchi nella chiglia.
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