E’ l’altura che dona la visuale più ampia e bella sulla Campania Felix. Anche senza raggiungerne la sommità.

unescoE proprio la collina di San Leucio aveva scelto il conte Andrea Matteo Acquaviva per costruirvi, nella seconda metà del Cinquecento, un nuovo palazzo, affacciato sui suoi possedimenti nella vasta pianura e sulla città di Caserta, che si stava sviluppando intorno alla residenza di famiglia. Dopo un lungo periodo di splendore, tuttavia, anche per l’edificio di San Leucio era arrivata una fase di progressiva decadenza. Sempre meno utilizzato dagli Acquaviva, cessate tutte le attività di rappresentanza, finite le feste, dalla prima metà del Settecento era stato convertito ad abitazione per i guardiani del bosco. E quella era la sua funzione quando re Carlo di Borbone aveva cominciato ad interessarsi alle proprietà degli eredi Acquaviva, allora Gaetani di Sermoneta, per la costruzione della nuova Reggia e la realizzazione delle opere collegate. L’acquisto di San Leucio fu formalizzato nel 1750 e il re ne prese possesso andando a caccia di cinghiali nei fitti boschi della collina, che si congiungevano anche alla foresta di San SilvestroQuest’ultima divenne meta di caccia preferita del suo successore Ferdinando IV, ma quando vi morì per vaiolo il figlioletto, nonché erede al trono, Carlo Tito, di appena tre anni, l’attenzione del sovrano si concentrò su San Leucio. Al centro dell’ambizioso progetto di creazione di una fabbrica di tessuti serici e di una colonia modello per i lavoratori.

LA RESIDENZA REALE

L’incarico di ristrutturare l’antico palazzo degli Acquaviva per farne una residenza reale fu conferito all’allievo e primo collaboratore di Luigi Vanvitelli, Francesco Collecini. Era il 1776 quando iniziarono i lavori. La prima trasformazione riguardò il salone delle feste del palazzo, che divenne la chiesa di San Ferdinando re, affrescata da Carlo Brunelli. Si proseguì con l’ampliamento dell’edificio originario, che divenne la parte centrale di un grande complesso a pianta rettangolare, dotato anche di un cortile interno. Una struttura che sintetizzava nella molteplicità e varietà delle sue funzioni la ratio di un progetto più che moderno, addirittura avveniristico. Dove si era mai visto che in un solo palazzo fossero allocati gli appartamenti reali con le abitazioni per i dirigenti della fabbrica e gli spazi adibiti all’intera filiera produttiva della seta? 

San Leucio fu a pieno titolo una residenza reale, catalogata tra le Reali Delizie, con tutti i comfort che questa connotazione richiedeva in piena Epoca dei Lumi. E infatti per realizzare il Palazzo Reale del Belvedere, così chiamato per la sua panoramicità, furono impegnati i migliori artefici già utilizzati nella vicina Reggia. La sontuosa sala da pranzo venne interamente affrescata da Fedele Fischetti con scene degli Amori  di Bacco e Arianna e, come alla Reggia, fu Jakob Phillip Hackert, primo artista di corte, ad  occuparsi personalmente delle decorazioni degli ambienti e della scelta degli arredi. Si incaricò anche della sala da bagno di Maria Carolina, che era dotata di un impianto termale, un calidariumincassato nel pavimento in cui arrivava l’acqua riscaldata da una stufa nel piano sottostante.

LA MANIFATTURA REALE

Ma San Leucio era anche una moderna fabbrica a ciclo continuo per una produzione di eccellenza. Perciò, su proposta del ministro Bernardo Tanucci, i giovani del posto erano stati mandati a specializzarsi nella tessitura in Francia. I primi diciassette lavoratori arrivarono subito, nel 1776, insieme alle loro famiglie. E trovarono già tutti gli spazi e gli impianti necessari per il lavoro: la cucculiera per l’allevamento dei bachi e la lavorazione dei bozzoli, l’incannatoio, la filanda, i monumentali torcitoi e i telai.

Il progetto di San Leucio, però, era molto più ambizioso, giacchè sarebbe dovuto culminare nella città ideale di Ferdinandopoli, ispirata dalle riforme politico-sociali teorizzate dall’illuminista Gaetano Filangieri, che aveva trovato un alleato nel ministro Tanucci e che aveva convinto anche il re e la consorte Maria Carolina d’Asburgo. E infatti la manifattura di San Leucio e la colonia dei lavoratori dipendevano direttamente dal re. 

LA CITTA’ IDEALE 

Dal punto di vista urbanistico, il progetto prevedeva una città sviluppata intorno ad una grande piazza centrale da cui sarebbero dovute partire a raggiera tutte  le strade. A nord avrebbe trovato collocazione la cattedrale e a sud il teatro. Di questo impianto Collecini riuscì a concretizzare solo una parte, ovvero i Quartieri San Ferdinando e San Carlo (dai nomi dei sovrani) con gli alloggi per gli operai e le famiglie. Ne costruirono 37, tutti moduli uguali, quadrati, a tre livelli: al piano terra erano situate la cucina, la zona pranzo e uno spazio a doppia altezza per sistemarvi il telaio, perché ogni abitante aveva una produzione personale; al primo piano c’erano le stanze da letto e nel seminterrato erano i ricoveri per gli animali e le scorte di legna. Le case erano dotate di acqua corrente e servizi igienici, di un giardino e di stalle.  La colonia, infatti, doveva essere autonoma anche nelle produzioni di generi alimentari e di tutto il necessario per la vita quotidiana.

Nel 1789 arrivarono le  “Leggi pel Buongoverno della popolazione di San Leucio”, con cui fu introdotto un sistema di gestione e amministrazione assolutamente innovativo, che sanciva l’uguaglianza di tutti gli abitanti, uomini e donne. Queste ultime furono liberate dall’obbligo della dote per sposarsi ed erano tenute a frequentare la scuola, obbligatoria, come i maschi. Erano prevista l’assistenza sanitaria per tutti e tutele per i bambini, gli anziani e i malati. Inoltre, l’orario di lavoro era di 11 ore al giorno invece delle 14 in vigore altrove. E infatti si trasferirono a San Leucio operai specializzati da ogni parte d’Italia. Mentre lo statuto, esempio di dispotismo illuminato, fu preso a modello anche per la Costituzione degli Stati Uniti. Dove arrivarono le sete di San Leucio, che ancora si trovano nella Sala Ovale della Casa Bianca, come nelle regge di mezza Europa. 

Il progetto di San Leucio si fermò con la Restaurazione e il cambiamento di rotta del governo borbonico dopo la Rivoluzione Napoletana, ma furono ingranditi gli edifici per la produzione e non. Poi con l’Unità d’Italia fu tutto inglobato nel demanio statale. 

IL PERCORSO DI VISITA

Oggi il borgo sulla collina di San Leucio, a nord-est rispetto alla Reggia, può essere interamente visitato. Ci si arriva dalla piazza della Seta, sulla direttrice tra Caserta e Caiazzo, entrando dall’Arco reale, che reca lo stemma dei Borbone con due leoni. All’interno ci si trova dinnanzi alla chiesa e al Belvedere. Sulla sinistra c’è il Quartiere San Carlo, il San Ferdinando è a destra. Entrambi sono collegati al Belvedere da una scalinata a doppia rampa, sotto la quale erano le scuderie reali. Seguendo il perimetro del palazzo si raggiungono gli spazi produttivi delle Reali Seterie. Il Museo della Seta dentro il palazzo custodisce gli antichi telai perfettamente funzionanti e tutte le attrezzature utilizzate per fare i preziosi tessuti di seta. Di notevole interesse anche la Casa del Tessitore.

Nella parte occidentale del borgo si ammirano i Giardini all’italiana, disposti su vari livelli e collegati da scale, adorni di fontane, vicino le quali sono coltivati alberi da frutta e un agrumeto.

Il Belvedere di San Leucio dal 1997 è un sito Unesco insieme alla Reggia e all’Acquedotto Carolino.