L’alfabeto latino, che ancora oggi utilizziamo come tanta parte della popolazione mondiale, ha la sua origine nell’alfabeto greco in uso nell’isola di Eubea, dalla quale provenivano i coloni che si insediarono sull’isola d’Ischia, da loro chiamata Pithekoussai, intorno al 790/780 a.C.
Mutuato dall’alfabeto fenicio e rielaborato anche con l’aggiunta delle vocali per adattarlo alla lingua greca, l’alfabeto trasferito a Pithekoussai fu trasmesso agli Etruschi, grazie agli intensi rapporti commerciali che intrattenevano con i pithecusani. Furono poi gli Etruschi a condividere la novità con le altre popolazioni italiche di cui divenne ben presto patrimonio comune. E nella necropoli di Pithekoussai, riportata alla luce nel 1955 nell’odierna baia di San Montano, a Lacco Ameno, fu rinvenuta una coppa proveniente da Rodi, usata per il banchetto funebre, che recava incisi alcuni versi contenenti un chiaro riferimento all’Iliade: «Di Nestore…la coppa buona a bersi. Ma chi beva da questa coppa, subito quello sarà preso dal desiderio d’amore per Afrodite dalla bella corona». Si tratta della più antica iscrizione in alfabeto greco in Occidente e del più antico componimento poetico che fa riferimento al contemporaneo poema omerico. La cosiddetta Coppa di Nestore, insieme agli altri reperti di Pithekoussai, la prima colonia della Magna Grecia scoperta dall’archeologo Giorgio Buchner, è custodita nel Museo Archeologico di Pithecusae nella settecentesca Villa Arbusto, su un’altura a pochi metri dal centro di Lacco Ameno.
___