Simile a Castel Nuovo, la grande fortezza sul mare della capitale, sebbene di dimensioni minori.
Presenta ancora gran parte di quelle caratteristiche, a cominciare dalla pianta trapezoidale, il Castello ducale che sorge nel centro del borgo antico di Faicchio.
Che L'abitato gli si è sviluppato intorno, fin dalla fondazione nel XII secolo, quando i nobili Sanframondo, di stirpe normanna, erano i signori della zona. Furono loro a scegliere quel luogo che guardava dall’alto la valle del Titerno, tra il Monte Acero, già utilizzato come avamposto fortificato dai Sanniti, e il Monte Monaco di Gioia, dalle cui folte faggete trasse probabilmente origine il toponimo Faicchio. In quella posizione favorevole e strategica costruirono il loro nuovo, possente castello, cinto da un fossato e accessibile solo dal ponte levatoio.
Rimase ancora a lungo dei Sanframondo, il castello, divenuto nel frattempo nucleo di un nuovo abitato, che continuò a crescere sotto la sua protezione. Proprietà dei nobili Monsorio dal 1479, la fortezza fu sottoposta nell’arco di un quarantennio a una importante ristrutturazione, ispirata dal castello angioino di Napoli che gli Aragonesi avevano sostanzialmente trasformato. Così, il castello di Faicchio assunse l’aspetto che in gran parte ancora conserva, anche se delle quattro torri cilindriche antiche ne restano in piedi solo tre. Due di esse si trovano ai lati del severo ingresso di pietra, su cui originariamente era posto un loggiato con tre aperture. La facciata che guarda sull’odierna piazza Roma, cuore del paese, presenta terrazze disposte su due ordini, in basso le sale di rappresentanza e sopra l’appartamento privato.
Dalla terrazza inferiore, che ingloba la terza torre, si accede alla Cappella Palatina. Vi si trova ancora una botola, legata a uno dei racconti tramandatisi sul castello, secondo il quale, dopo la messa a cui partecipavano i condannati, questi venivano invitati a baciare un quadro di Santa Barbara e, mentre erano intenti al rito, sotto i loro piedi si apriva la botola che li scaraventava nelle segrete.
Come nel più famoso modello napoletano, il cortile interno è caratterizzato, sulla sinistra, da una scala che conduce al piano nobile e, sulla destra, da un porticato, di tufo grigio come tutto il resto dell’edificio. Dal cortile si accede ai vasti sotterranei e alla prigione.
Un’altra fase di trasformazione del castello coincise con l’acquisizione nel 1612 del castello da parte del nobile Gabriele De Martino, duca di Faicchio, che, venute meno le esigenze difensive del passato, decise di riattare la struttura ad esclusivo uso residenziale. Il palazzo ducale ristrutturato resse bene al terremoto del 5 giugno 1688. Nel Settecento, poi, la moda dilagante fece fiorire stucchi barocchi anche nella Cappella Palatina, che fu dotata allora di un campanile.
Rimasto senza eredi l’ultimo dei De Martino, Salvatore, alla sua morte, a fine Settecento, iniziarono i passaggi di mano e le vicissitudini che consegnarono progressivamente l’antico maniero all’abbandono. Condizione divenuta definitiva con l’abolizione del feudalesimo durante il Decennio Francese, nel 1806. Da allora in poi il palazzo turrito sprofondò nel degrado, durato oltre un secolo e mezzo. Fu solo nel 1960 che il castello trovò dei nuovi proprietari che lo recuperarono per aprirlo al pubblico. Nel 2000, infine, dopo un ulteriore restauro, è stato destinato ad accogliere eventi.
In una spettacolare posizione, affacciato su tutta la valle dalla sommità del Monte Monaco di Gioia, s’innalza uno dei più antichi edifici sacri di Faicchio, il Convento di San Pasquale con la chiesa di San Salvatore. La struttura originaria risaliva al 1349, ma i danni riportati a causa del terremoto del 1688 ne resero necessaria la ricostruzione. Dell’edificio antico restano affreschi quattrocenteschi in restauro, ricca è poi la dotazione settecentesca di stucchi. Sempre alla versione barocca della chiesa appartengono un pavimento di maiolica e una serie di ceramiche della scuola di San Lorenzello, nata proprio in quel periodo. Pregevole è anche il tabernacolo del Martini e di gran valore la biblioteca, con migliaia di volumi datati dal XVI secolo e manoscritti risalenti al XII secolo.
Si trovano sparse tra il borgo e le varie frazioni che ne compongono il circondario, le tante chiese di Faicchio.
Dalla chiesa di San Giovanni Battista, patrono del paese, unita nel 1446 alla Collegiata di Santa Maria Assunta, ricostruita nel secondo dopoguerra, alla trecentesca chiesa di San Nicola nella frazione Massa; dalla chiesa di Santa Lucia, fondata dalla Congrega dei Sette Dolori, con preziosi affreschi e statue di storia napoletana, alla chiesa di Santa Maria di Costantinopoli nella frazione di Fontanavecchia; dalla Chiesa di Ave Gratia Plena, con una enorme tela tessuta da tutte le donne del paese e poi dipinta dal pittore Cosenza, alla chiesa del Carmine, che appartiene al convento delle Suore degli Angeli e accoglie le spoglie della fondatrice, la beata Maria Serafina. Proprio davanti al castello, in piazza Roma è situata, inoltre, la chiesa di San Rocco. All’epoca longobarda appartiene la chiesa rupestre di San Michelerealizzata all’interno di una grotta alla base del Monte Monaco di Gioia.
Dallo stesso monte ha inizio l’acquedotto romano ipogeo del III secolo a.C, che attraversa anche parte del centro storico e che, lungo il suo percorso, alimenta una fontana medievale vicino alla chiesa di Santa Maria di Costantinopoli. Di epoca romana sono anche due criptoportici e il ponte Fabio Massimo, che sarebbe stato utilizzato dal condottiero romano durante la seconda guerra punica contro Annibale. Altro ponte storico è quello il dell’Occhio, costruito a schiena d’asino sul Titerno, per favorire i collegamenti tra il Matese e il Monte Erbano.
Sulla vetta del vicino Monte Acero, che rientra in parte nel territorio di Faicchio e in parte in quello di San Salvatore Telesino, si sono conservate le monumentali mura megalitiche del VI secolo a.C., che cingevano per circa tre chilometri l’arce di Monte Acero, la fortezza sannitica usato come punto di avvistamento a presidio del territorio controllato dalla tribù dei Pentri.
Tra i suoi illustri concittadini, Faicchio conta Giovanni Pascale, fondatore dell’Istituto dei Tumori di Napoli, e il direttore dell’Osservatorio Vesuviano dal 1856, oltre che inventore del sismografo, Luigi Palmieri, a cui è dedicato un busto nella piazza del centro storico a lui intitolata in cui si trova anche il monumento ai Caduti.
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