È dalla frazione di Massa Lubrense denominata Torca, che ci si inoltra nel suggestivo sentiero, parte del percorso identificato con il numero 344 del Cai.
Ben settecento scalini, scavati nella pietra viva, per raggiungere una delle meraviglie della costa, la vegetazione incornicia la vista del mare e di una scaglia di terra verde, vicina, incastonata nella distesa azzurra. Conclusa la discesa, la deliziosa spiaggetta di Crapolla consegna una visione ancora più ravvicinata della piccola isola, raggiungibile a nuoto. Il suo nome ufficiale è Isca, ma per gli abitanti della costa è il “Galluzzo”, che il toponimo più familiare collega in qualche modo al più lontano arcipelago Li Galli, ben visibile insieme al più piccolo scoglio di Vetara.
Appena duecentosettanta metri di lunghezza, la piccola isola di Isca, antistante la bella baia di Nerano, rientra nel territorio di Massa Lubrense. Priva di lidi, con una costa alta sul mare, è in gran parte coperta da una fitta, lussureggiante vegetazione mediterranea, fatta eccezione per il piccolo promontorio che s’innalza a nord-est. Lì si trova una villa completamente affacciata sul mare, ristrutturata all’inizio degli anni Cinquanta dall’ingegnere Mario Pacifico, che aveva già legato il suo nome alla ristrutturazione del “San Ferdinando”, il teatro di Eduardo De Filippo a Napoli. Non a caso, perché Isca fu dimora estiva amatissima da Eduardo fin dal 1949.
La prima volta, il grande attore e commediografo partenopeo aveva ammirato l’isolotto dal mare, durante una gita in barca tra Sorrento e Positano. E se ne era innamorato, fino al punto di desiderare di acquistarla.
Isca, allora, apparteneva a Vittorio Astarita, noto banchiere sorrentino, che vi si recava spesso a caccia. Sulle prime Astarita resistette alle richieste di Eduardo, ma poi capitolò e l’isolotto passò al nuovo proprietario nel 1949. Da allora, quello divenne il suo rifugio prediletto, luogo rigenerante di vacanza, condiviso con la famiglia. Proprio a Isca era avvenuto il primo incontro con la sua compagna Isabella Quarantotti, una volta che lei, a bordo di una imbarcazione, lo aveva notato sull’isola. Questa era diventata ben presto buen retiro dalla forte carica ispiratrice e creativa, ideale per fermarsi a scrivere. Fu, dunque, tra i panorami del mare e dei verdeggianti Monti Lattari che si stagliavano contro il cielo nella dirimpettaia costiera, protetto dalle mura accoglienti della casa di Isca, che Eduardo scrisse nel 1967 “Il contratto”, ambientato proprio a Massa Lubrense. E lì prese forma la versione napoletana de “La Tempesta” di Shakespeare, consegnata alle stampe nel 1984, poco prima della sua morte.
L’isolotto è rimasto di proprietà della famiglia di Eduardo, anche dopo la scomparsa del grande artista e autore teatrale.
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