Tostate e sminuzzate, comparivano come ingrediente in diverse ricette del “De re coquinaria” di Apicio, il famoso cuoco romano vissuto tra il I e il II secolo d.C. che così raccomandava l’uso delle “noci di Avella”, ovvero le nocciole.
In spagnolo e catalano “avellanas”, a sottolineare il legame con l’antica località irpina che sorge tra i monti del Partenio. Attraversata dal fiume Clanio, circondata dai noccioleti il cui legno venne citato da D’Annunzio, Avella custodisce nel suo territorio testimonianze di una storia importante fin dall’età preistorica. Lì i Sanniti hanno lasciato il più importante documento in lingua osca, il Cippus Abellanus; i Romani un anfiteatro e i resti di edifici cittadini; i Longobardi un castello del VII secolo d. C., dedicato all’arcangelo Michele sulla collina che domina il borgo e lo protegge; i Normanni una cinta muraria, sovrapposta a quella longobarda preesistente, intorno alla collina del castello. Nelle alture che circondano Avella si possono visitare le grotte delle Camerelle di Pianura, degli Sportiglioni e di San Michele.
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