Nei fertili altopiani e sulle colline ancora oggi alle produzioni agricole si accompagna l’allevamento allo stato brado di bovini, ovini e caprini lungo percorsi antichi, suggeriti dai cicli della natura.
Oltre che al tartufo, Bagnoli Irpino ha legato il suo nome a quello delle pecore “bagnolesi” allevate nel suo territorio nel cuore dei Picentini, dove i pascoli a mille metri d’altitudine offrono erbe molto aromatiche, che si ritrovano nel latte trasformato in pecorino. Tra i prodotti caseari di punta dell’Irpinia, si segnalano ben tre varietà di pecorino corrispondenti ad altrettante razze di pecore dagli areali piuttosto circoscritti. Oltre al “bagnolese”, il Carmasciano, prodotto nella valle D’Ansanto tra Guardia dei Lombardi, Rocca San Felice e Frigento, dove i pascoli – e dunque il latte - risentono della vicinanza del laghetto delle Mefite. E poi il Laticauda, il pecorino dal latte delle pecore dalla “grossa coda”, che sono presenti anche in Irpinia, in piccoli allevamenti collinari. Di latte di pecora prevalentemente, ma anche caprino e vaccino, è la delicata juncata, che si produceva durante le transumanze, utilizzando dei caratteristici cestini di giunchi.
La produzione lattiero casearia è comunque diffusa quasi ovunque in Irpinia, anche se gli allevamenti ovini e bovini sono concentrati in particolare nelle zone del monte Terminio e del massiccio del Partenio. Dagli allevamenti allo stato brado di mucche podoliche dell’Alta Irpinia, nel territorio dalle colline del Terminio-Cervialto alla Valle dell’Ufita, arriva il latte per il Caciocavallo podolico Pat, nelle versioni dolce o piccante e con vari periodi di stagionatura, anche in grotte naturali, prodotto in quantitativi limitati tra Montella, Aquilonia, Bisaccia, Zungoli e Calitri.
___