Una terrazza rocciosa a 282 metri, sulle pendici del Somma-Vesuvio in una posizione strategica sulla pianura nolana. E sulla via Popilia, che anticamente univa Capua e Reggio.

Già in epoca romana, ben prima che il vulcano rivelasse la sua natura distruttiva nel 79 d.C., quel sito era stato sfruttato a scopo difensivo, a protezione del municipium appartenente alla gens Octavia, che lì possedeva anche una grande villa rustica, dove forse morì l’imperatore Ottaviano Augusto. E sui resti di quella villa potrebbe essere sorta una fortezza prima del Mille, in piena epoca longobarda, quando il paese si chiamava Ottajano e i Tocco erano la famiglia più importante del posto. Le prime notizie ufficiali risalgono, invece, all’XI secolo, legate alle lotte tra potenti normanni che coinvolsero proprio la rocca fortificata del Vesuvio.

A citare per la prima volta il castello fu papa Gregorio VII, che nel 1083 vi si fermò, dopo essere fuggito in gran fretta da Roma cinta d’assedio dall’imperatore Enrico IV. Furono i Normanni del fedele alleato Roberto il Guiscardo ad offrirgli la salvezza nei loro territori. Dopo la lunga sosta vesuviana, il pontefice si trasferì in esilio a Salerno, dove morì nel 1085. Responsabile di una prima ristrutturazione in epoca sveva fu il nonno, nonché omonimo del Santo, Tommaso d’Aquino, che in quella fase ne era il signore. Con gli Angioini, la fortificazione fu notevolmente rafforzata e entrò a far parte del regio demanio. L’uccisione di un ambasciatore inviato nel 1304 da Carlo II, Pietro Dentice, provocò una durissima reazione da parte del sovrano, che inviò Carlo Lagonessa a vendicare l’affronto, con pesantissime conseguenze sul castello e sul borgo che gli si era sviluppato vicino. Per la ricostruzione si dové attendere il secolo successivo, per opera del feudatario Guerello Origlia, che l’aveva ricevuto in dono a titolo di ricompensa da Ladislao di Durazzo. In seguito, fu poi la regina Giovanna d’Angiò a regalarlo a Raimondo Orsini, che divenne signore di Ottajano nel 1419. Furono allora potenziati i sistemi di difesa, in linea con le caratteristiche delle più moderne tecniche belliche e delle armi entrate in uso a quel tempo. Diversi furono i feudatari che si susseguirono nel XVI secolo, tra i quali Fabrizio Maramaldo nel 1532, poi i Gonzaga di Molfetta, fino ai Medici, un ramo cadetto della potente famiglia fiorentina che venne da allora identificato come Medici di Ottajano.

Una storia iniziata il 15 maggio del 1567 quando don Bernardetto de’ Medici, nipote di Cosimo il Vecchio, acquistò la fortezza vesuviana per 50mila ducati da Cesare Gonzaga. E con i Medici, tra la fine del ‘500 e i primi del ‘600, iniziò la progressiva trasformazione della fortezza in una lussuosa residenza signorile, il cosiddetto Palazzo del Principe. Il principe Bernardetto e la moglie investirono in un primo cambiamento strutturale in stile tardo-rinascimentale, con l’apertura delle grandi finestre e la realizzazione di balconi, incorniciati da stipiti e architravi scolpiti in piperno. Sul portale fu inserito lo stemma dei Medici. Una rigenerazione che conobbe una seconda fase nel ‘700, con l’intervento di apprezzati allievi di Ferdinando Sanfelice e Luca Vecchione, che modificarono il prospetto sulla strada, lasciando l’originaria impronta aragonese sul prospetto interno che dà sul giardino. Furono aggiunte decorazioni di gusto barocco, che sono state recuperate dal recente restauro. Fu costruita una scala di ispirazione sanfeliciana per salire al piano nobile. Il principe Giuseppe III volle abbellire le numerose stanze con preziosi pavimenti di maiolica e con affreschi del quotato Angelo Mozzillo, ispirati agli affreschi pompeiani del terzo tipo, a cui si aggiungono soggetti e motivi di gusto tardo-barocco. Delle due corti interne, la seconda veniva utilizzata per tenervi spettacoli teatrali e musicali. Sempre il principe, arricchì il giardino con varie piante esotiche e completò le scuderie.default

A fine ‘700, il palazzo di Ottaviano poteva essere annoverato tra le più belle ville del Vesuviano, frequentate dalla nobiltà della capitale. Tanto che si rese necessario riempire l’antico fossato e eliminare il ponte levatoio del castello-fortezza per favorire l’accesso delle carrozze. I Medici di Ottajano avevano ruoli di primo piano nel regno borbonico. Luigi de’ Medici di Ottajano fu presidente del Consiglio e partecipò come rappresentante del regno di Napoli al Congresso di Vienna, che riportò i Borbone sul trono. I Medici rimasero proprietari fino al 1894, quando Giuseppe IV morì senza eredi maschi, determinando il passaggio del palazzo alla linea femminile della casata. Così, attraverso i matrimoni, il palazzo finì ai Lancellotti, che ospitarono anche illustri personaggi. Nel 1892 ci soggiornò per qualche tempo Gabriele D’Annunzio con la sua amante del momento, Maria Gravina Cruyallas. Tra gli ospiti ci fu pure il compositore Vincenzo Bellini.  La fase dei Lancellotti terminò donna Maria Capece Minutolo vedova Lancellotti, il 18 febbraio 1980, quando donna Maria Capece Minutolo, vedova Lancellotti, lo vendette ad una società che faceva capo della Nuova Camorra Autorizzata del boss Raffaele Cutolo, la cui madre aveva lavorato per i Lancellotti. Sotto Cutolo furono fatti lavori che stravolsero il palazzo, distruggendo soprattutto gli affreschi e gli ornamenti del secondo piano. Poi il bene fu confiscato dallo Stato e rimase a lungo inutilizzato, dunque esposto al degrado, fin quando nel 1995 venne finalmente assegnato al Comune di Ottaviano, perché fosse utilizzato a favore della comunità e per affermare e diffondere il valore della legalità. Il 22 aprile del 2008 il piano terra e il parco circostante furono ceduti in comodato d’uso per 99 anni al Parco Nazionale del Vesuvio, che ne ha fatto la sua sede, mentre la parte superiore andò al Comune di Ottaviano.