L’anima greca di Napoli, conservata e tramandata attraverso i secoli, ha lasciato un’impronta indelebile anche nell’assetto urbanistico della città storica, che ancora oggi mostra evidente l’originario impianto a rete dei plateiai e degli stenopoi, più noti ai giorni nostri nella loro versione romana di decumani e cardini.
Fu proprio nel V secolo, che l’architetto Ippolito di Mileto progettò uno schema di planimetria regolare da applicare nella fondazione delle nuove città. Era il periodo d’oro di Atene e dell’Attica in tutti i campi del sapere e l’urbanistica non fece eccezione, testimoniata dall’opera di Ippolito al Pireo, che rispondeva alla sua nuova intuizione: strade disposte su assi ortogonali, a formare isolati regolari dove allocare gli edifici per le più varie funzioni e gli altri spazi pubblici. E questa fu anche l’impostazione data a Neàpolis, la città nuova che i Cumani avevano fondato alla fine del VI secolo di fianco, a nord-est, alla già florida Partenope.
Per il nuovo insediamento fu scelto un pianoro digradante verso il mare, protetto alle spalle da colline e delimitato naturalmente da canali naturali, percorsi da torrenti che assicuravano anche una preziosa riserva d’acqua. A difesa della nuova area urbana, dove in precedenza aveva iniziato a espandersi Partenope, furono elevate mura possenti, utilizzando la pietra di tufo giallo largamente disponibile. Ispirandosi allo schema ippodameo, furono create tre strade principali da ovest a est, le plateiai, larghe sei metri e parallele tra loro, che dividevano la città in quattro parti. Le due ai lati erano di lunghezza identica, mentre era più lunga l’arteria centrale. Perpendicolarmente alle plateiai, furono aperte una ventina di strade secondarie, gli stenopoi, da nord a sud, larghe tre metri. L’intreccio delle strade divideva la città in isolati rettangolari, lunghi 185 metri e larghi 36. Al centro era ubicato l’agorà, identificato con l’attuale piazza San Gaetano, dove, nella parte settentrionale era l’area sacra identificata dal tempio dei Dioscuri (oggi chiesa di San Paolo Maggiore), mentre nella parte meridionale erano concentrate le attività commerciali con il mercato (il sito visitabile sotto la chiesa di San Lorenzo Maggiore) e i principali edifici civili.
L’impianto greco rimase pressochè inalterato anche in epoca romana. Cambiarono solo i nomi delle plateiai in decumani e degli stenopoi in cardini e l’agorà divenne il foro.
La strada principale della città antica, la più lunga al centro del reticolo, era il Decumano maggiore, oggi identificabile con l’arteria che inizia da Port’Alba e piazza Bellini, ingloba via San Pietro a Majella e si identifica in gran parte con via Tribunali fino a Castel Capuano.
Tra le poche modifiche introdotte in epoca romana, vi fu l’allungamento del Decumano inferiore in direzione sud-ovest, ovvero secondo la toponomastica attuale dopo piazza del Gesù Nuovo fino a via Domenico Capitelli. È noto come Spaccanapoli, per le caratteristiche che, soprattutto osservandolo dall’alto, lo rendono inconfondibile tra tutte le altre arterie cittadine. Seguendo le denominazioni attuali, comprende via Maddaloni, via Benedetto Croce, via San Biagio dei Librai, via Vicaria Vecchia, via Forcella e via Giudecca Vecchia, oltre a via Pasquale Scura, già via dei Sette Dolori, aggiunta nel XVI secolo per collegare il centro antico ai nuovi Quartieri spagnoli appena edificati dal vicerè don Pedro de Toledo.
Il Decumano superiore è quello che ha subito le maggiori trasformazioni nel corso dei secoli, tanto da corrispondere ormai solo in parte al tracciato greco-romano. Parte da via Sapienza e comprende via Pisanelli, la strada dell'Anticaglia, via San Giuseppe dei Ruffi, via Donnaregina, via Santi Apostoli e parte di via Santa Sofia.
Gli stenopoi/cardini, già numerosi, corrispondono alle strade secondarie del centro storico Patrimonio dell’Umanità dal 1995.
Tra i più noti, via San Gregorio Armeno, la famosa “strada dei presepi”, collega il Decumano inferiore al superiore; via San Nicola a Nilo e via Nilo mettono in comunicazione il Decumano maggiore a quello inferiore, come vico San Domenico maggiore, che sbuca su piazza San Domenico maggiore; via Atri collega il Decumano superiore al maggiore.
Il principale tra i cardini, o cardo maior, il più lungo che incrociava tutti e tre i decumani si identifica con l’attuale via Duomo, che venne ulteriormente allungata verso il mare in epoca borbonica per garantire un collegamento tra via Foria e via Marina. Altre modifiche intervennero dopo l’Unità d’Italia fino all’assetto definitivo frutto del Risanamento, che comportò, per fare spazio alla strada, anche il sacrificio di alcuni edifici e la ricostruzione delle facciate della chiesa di San Giorgio maggiore e di palazzo Como, sede del Museo Filangieri, per l’arretramento delle strutture.
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