di: Marianna Polverino
La Regione Campania si è evoluta ai miei occhi in modo inaspettato, sarà il periodo che stiamo vivendo, sarà l’assegnazione del ruolo di coordinatrice regionale per le Guide Ambientali Escursionistiche, non saprei, ma di una cosa sono sicura, sono talmente tante le cose da scoprire che i miei viaggi all’estero mi mancheranno meno di quanto avrei potuto immaginare.
Il mio cammino nelle terre antiche dei Sanniti e d’Irpinia inizia con una parola: “Ultreya!”, il saluto medievale che ci si scambiava lungo la Via Francigena del sud che per me inizierà da Casalbore, in Irpinia, per terminare con un emozionante sconfinamento in Puglia, per un totale di 30 km suddivisi in due tappe. I luoghi di confine mi hanno sempre affascinato e qui sono davvero tante le strade che si incrociano: la Via Micaelica, il Regio Tratturo, la Pescasseroli – Candela, la Via Traiana; vite di pellegrini che si susseguivano lungo percorsi infiniti e quasi sconosciuti, con pochi riferimenti sul sentiero se non un cumulo di pietre messe una sopra l’altra per segnare la direzione giusta. Non solo viandanti e pellegrini, ma soprattutto pastori, queste infatti erano anche le vie della transumanza e le testimonianze del passato sono ancora vive nella tradizione culinaria di questo territorio, quali ad esempio il pecorino, il caciocavallo e grani antichi, come l’altisonante “Senatore Cappelli”.
Durante il primo giorno di cammino mi sorprende subito l’infinita vastità del paesaggio, un susseguirsi di morbide colline dorate costellate da piccoli borghi disseminati qua e là in posizioni strategiche, infatti, la Torre di Casalbore non ci abbandona mai, quasi a voler sorvegliare i nostri passi. Il caldo si fa sentire, ma lo spirito è tenuto alto dalle bravissime Guide che ho deciso di seguire, Gerardo e Andrea di “Terre di Mezzo”. È proprio durante il secondo giorno che ho avuto la sensazione di trovarmi in una terra di mezzo, con il pensiero che corre costantemente alle persone che prima di me hanno fatto lo stesso percorso centinaia di anni prima. L’ospitalità era la linfa vitale di questi pellegrinaggi e, così come loro a quei tempi, ho vissuto la stessa esperienza grazie alle Guide, che hanno organizzato diversi momenti conviviali per darci l’opportunità non solo di gustare prodotti tipici, ma anche di interagire con i locali nella splendida cornice di antichi casali rurali che non hanno perso la loro autenticità.
L’acqua gelida di fresche sorgenti sotterranee che sgorgano da fontane di pietra rinfresca i nostri piedi, che ringraziano prima di tornare a sentire la terra sotto di sè, quella stessa terra che ha unito popoli, lingue e racconti di miti e leggende. Per raccontarvene una, vi porto ad una tappa particolare di questo viaggio: le Bolle della Malvizza, un luogo surreale dove i campi coltivati lasciano improvvisamente spazio ad una manifestazione vulcanica inaspettata che Andrea, la nostra guida rurale, descrive così: «Nella valle del Miscano, la presenza nel sottosuolo di metano, di altri gas infiammabili e di idrocarburi gassosi sarebbe testimoniata anche da un grave incidente accaduto, nel 1867, ad una squadra di operai intenti alla costruzione ferroviaria "Cristina" (presso la stazione di Castelfranco in Miscano) lungo la linea Napoli-Foggia. La fuoriuscita improvvisa di grisù e la sua successiva deflagrazione (innescata dalle torce in uso per l'illuminazione) causò la morte di un'intera squadra.
Le Bolle della Malvizza costituiscono, inoltre, un'interessante nicchia ecologica che permette la vita a una microflora e a una microfauna del tutto particolari. Nel 2005 fu scoperta una nuova specie di batterio gram-positivo (Bacillus saliphilus), isolato nelle alghe delle Bolle della Malvizza. Questa nuova specie mostrò un'affinità del 99,9% con un ceppo di batteri isolato in un lago di soda in Cina e per oltre il 97% con altri due ceppi isolati in un bacino lacustre in Kenya. (rispettivamente 98,3 e 97,8 % di identità)».
Lascio questi luoghi con il desiderio di percorrere altre tappe a passo lento e consapevole, come una vera pellegrina.
Ph:Marianna Polverino
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