Per gli esperti è la Fossakultur di Cairano-Oliveto Citra. Denominazione mutuata dalla necropoli in Località Vignale in cui furono scoperte nel 1967 le più antiche tombe a fossa della Campania, risalenti ad un periodo tra gli inizi del IX e la prima metà del VI secolo a.C. Testimoni della presenza nella prima Età del Ferro, tra le valli dell’Ofanto e del Sele, di una popolazione che era arrivata dall’altra parte dell’Appennino, risalendo proprio il corso dell’Ofanto. Quei particolarissimi sepolcri contenevano ventiquattro corredi funerari con oggetti che dimostravano la grande maestria di quella gente nella lavorazione dei metalli. In particolare, elmi di bronzo, rasoi, coltelli e fibule ad occhiali e a sanguisuga assolutamente inedite. Tutti reperti oggi custoditi presso il Museo Irpino di Avellino. Qualche anno dopo, l’Altura del Calvario restituì, con altre tombe a fossa, anche tracce di un abitato, improvvisamente abbandonato nel V secolo, su una parte del quale sorse in seguito un insediamento lucano.
Le caratteristiche della rupe che domina la valle del grande fiume non potevano lasciare indifferenti i Romani, che lì stanziarono un presidio militare a difesa dell’importante città di Compsa. E il nome attuale, Cairano, è legato a quell’epoca, forse originato da Car Janus, monte di Giano, o identificabile con il Castellum Carissanum citato da Plinio il Vecchio nella sua Historia naturalis. In ogni caso, fu dal primo secolo avanti Cristo che le vicende di Cairano cominciarono ad essere collegate a quelle della vicina Conza. E del castello di Carissano si impadronirono i Goti nel 555, quando occuparono Conza, da cui li scacciò il generale bizantino Narsete. Furono i Longobardi a costruire il castello, poi completamente ristrutturato in epoca normanna, di cui oggi restano affascinanti ruderi sulla parte più alta della rupe.
Sfruttando i vantaggi di difesa naturale della collina e l’ottima posizione di avvistamento sulla valle, tutt’intorno alla fortezza si formò l’abitato medievale di cui il borgo attuale conserva le caratteristiche principali, nonostante le tante vicissitudini subite nei secoli. Tuttavia, il primo riferimento documentale a Cairano è “solo” del 1585, in atti vaticani. Allora la rocca sull’altura era ancora prezioso baluardo del feudo di Conza, ruolo che conservò fino al 1676, quando Cairano diventò feudo autonomo, rimanendo tale fino all’inizio dell’Ottocento.
Il suggestivo borgo arroccato sulla cima della collina si è composto e ricomposto nel tempo con le costruzioni civili e religiose fatte della pietra locale, presente anche nel selciato dei vicoli e della piazza.
La Chiesa madre di Cairano, intitolata a San Martino Vescovo, ospita pregevoli opere del Settecento, tra cui una Madonna con Bambino. Più arretrato rispetto all’edificio sacro, svetta sui tetti del paese un campanile, che forse in origine era una torre civica. Con il suo portale in pietra e l’orologio a muro, si distingue l’ottocentesca chiesa dell’Immacolata Concezione dal bell’altare in marmi policromi. Risale al 1727, poi, la cappella dedicata a San Leone Magno.
Al caratteristico borgo in superficie corrisponde una realtà ipogea non meno interessante. Sono assolutamente da visitare le grotte che nei secoli sono state trasformate in cantine.
Un paese dalla storia lunga e illustre, che in varie epoche ha conosciuto anche fasi di benessere, grazie alla fertilità della valle sottostante, che consente di coltivare grano, ottima uva da vino e legumi. Dopo la seconda guerra mondiale, invece, è iniziato un ininterrotto spopolamento, che ha portato a contare solo poche centinaia di anime. Ciò nonostante, la bellezza del borgo e quanto la natura offre intorno stanno rendendo possibile una rinascita, che fa oggi di Cairano un gioiello da non perdere in un ideale percorso alla scoperta della terra degli Irpini.
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