Frammenti antichi. Tanti. Di templi ed edifici civili di epoca romana. Compaiono ovunque, nei più diversi punti del borgo, a ricordarne la lunga storia. Iniziata intorno al IV secolo a.C. ad opera dei Lucani, almeno secondo l’ipotesi più recente formulata dagli studiosi.
Che hanno dato il giusto rilievo alla partecipazione alla federazione delle dodici città lucane di quella che i Romani avrebbero identificato come Tergianum o Tergia.
Posta in una posizione sopraelevata, strategica, a 637 metri sulla collina che domina solitaria la grande valle circostante, l’altezza non la salvò dalla furia dei Visigoti di Alarico, che la distrussero nel 410 d.C. Più tardi, in quello stesso secolo, il borgo fu rifondato come Dianum e quel nuovo nome trasmise a quello che da allora si sarebbe chiamato, appunto, Vallo di Diano, del quale diventò nel Medio Evo l’insediamento più importante.
Al tempo dei Normanni vi si stabilirono diverse famiglie provenienti da altre zone e lo stesso avvenne nei secoli successivi, ad ondate corrispondenti alle diverse dominazioni del momento. Ma Dianum assunse un ruolo preminente in occasione della cosiddetta Congiura dei Baroni, ordita nel 1485 nel castello dal suo signore dell’epoca Antonello Sanseverino, principe di Salerno, contro Ferdinando I d’Aragona. Fu sempre nel castello che il Sanseverino si rifugiò per mettersi in salvo dopo il fallimento della congiura. In quell’occasione la rocca si dimostrò inespugnabile: resistette all’assedio prolungato di Ferdinando e consentì al ribelle di trattare la propria resa ottenendo salva la vita per se e per gli abitanti del borgo. I Sanseverino rimasero padroni della cittadella e del contado in pianura fino al 1552, soppiantati poi da altre famiglie nobili che assicurarono anch’esse benessere alla popolazione.
Con l’Unità d’Italia e l’entrata in vigore di una legge che obbligava i cambi di nome per evitare omonimie tra le località dell’intero regno, fu imposto il nome Tegianum, recuperato dall’antichità, ma mai accettato dagli abitanti, che continuarono a usare tra loro in dialetto il nome Diano.
Dall’epoca romana si è conservato e tramandato l’impianto dell’oppidum con il cardo e i decumani, che non fu toccato né in epoca federiciana né con l’avvento dei Normanni. Fu allora che venne edificato il castello, divenuto famoso all’epoca dei Sanseverino per il ruolo avuto nella Congiura dei Baroni e per il successivo assedio, protrattosi fino al 1487. Altri due assedi, subiti da Ladislao di Durazzo e da Carlo VIII, ne sancirono l’inespugnabilità. Cessata la sua funzione difensiva, fu riconvertito a residenza privata e, a partire dal Novecento, passò nella disponibilità di famiglie dianesi, finché nel 1920 divenne Palazzo Macchiaroli dall’omonima famiglia e come tale è conosciuto ancora oggi. Tra le altre strutture difensive dell’antica rocca, protetta da mura imponenti realizzate nel Medio Evo, con quattro porte e torri alte venticinque metri, queste ultime sono giunte fino a noi.
Oltre agli altri palazzi nobiliari, il centro storico si caratterizza per la pittoresca rete di vicoli e di piccole piazze, insieme alla piazza principale in cui s’innalza l’obelisco di San Cono, patrono di Teggiano, dove nacque. Un’altra piazza è quella all’ingresso del castello, che si affaccia sul panorama dell’intero vallo. Al centro del cardo, poi, s’incontra il Seggio, fondato nel 1133 da Bosone de Flumine, in cui si riuniva l’Università cittadina.
A Teggiano, si contano tredici chiese, tra cui la cattedrale di Santa Maria Maggiore, originariamente in stile gotico, voluta da re Carlo d’Angiò e, consacrata il 12 agosto 1274. Dopo la profonda trasformazione e l’ampliamento seguiti al terremoto del 1857 e alla proclamazione della sede vescovile, il duomo ha conservato solo una parte dei tesori precedenti. In particolare, quattro sepolcri medievali, tra i quali si distingue quello di Enrico Sanseverino, Gran Connestabile del Regno di Napoli, opera dello straordinario Tino da Camaino. Da non trascurare il magnifico ambone duecentesco del 1271, realizzato da Melchiorre di Montalbano. Degni di nota sono un Crocifisso del Quattrocento e la statua lignea di San Cono del 1714, di Domenico di Venuta, unitamente a vari dipinti del Seicento-Quattrocento. Il campanile fu aggiunto nel Novecento.
A Teggiano, è da visitare il Museo diocesano San Pietro, nella chiesa angioina di San Pietro, sorta sulle rovine di un tempio dedicato alla divinità romana di Esculapio. Vi si trovano due antiche tombe della chiesa e vari affreschi, dipinti e sculture di epoche diverse. C’è anche un museo dedicato a San Cono, il benedettino del XII nato a Teggiano e già in odor di santità quand’era in vita. Del 1999 è il Museo delle erbe, sulle erbe e sull’etnobotanica, nel quale è stata ricostruita un’antica spezieria, con una interessante dotazione di strumenti e vasi originali del Quattrocento, e che custodisce ricette antiche per la produzione di rimedi a base naturale.
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