È interamente figlio del Cilento il fiume Calore a cui devono necessariamente accompagnarsi gli aggettivi “lucano” o “salernitano”, per distinguerlo dall’omonimo più settentrionale, che scorre tra l’Irpinia e il Sannio.

Una meraviglia naturalistica fin dal luogo e dal modo in cui prende vita, a Festole, sul versante settentrionale del monte Cervati, sorgendo da grandi polle protette da una imponente parete di roccia calcarea nella fitta foresta di faggi di Pruno.

Lungo 63 chilometri, nella parte più alta del suo corso, nel tempo, ha segnato profondamente il paesaggio, aprendosi la strada tra le rocce e incidendo gole selvagge in vari tratti. Particolarmente suggestive sono le gole vicine al borgo di Laurino e tra Magliano Nuovo e Felitto, scolpite nel monte Pescorubino.

Attraversa i territori di dodici Comuni, il Calore lucano, che conta due importanti affluenti, il Tanagro e il torrente Fasanella, ed è a sua volta affluente di sinistra del fiume Sele, a cui unisce le sue acque nelle vicinanze di Paestum. Dopo aver creato lungo un tratto del suo corso la fertile Val Calore, vocata alla viticoltura, e aver irrigato i  campi nella valle del Sele.

Tra i pochi corsi d’acqua che ancora ospitano le rare lontre, il Calore è un Sito di Interesse Comunitario (SIC) della regione biogeografica mediterranea.

Fu proprio nell’alta valle del Calore, a una settantina di chilometri da Salerno che il 16 settembre 1943 si congiunsero le truppe alleate della 5a Armata statunitense, sbarcata l’8 settembre sulle coste del golfo di Salerno, e dell’8a Armata britannica, sbarcata a Reggio Calabria il 3 settembre.

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