Nel cuore dell’inverno, i baccelli rigonfi occhieggiano numerosi tra le foglie verdi argentate insieme a tanti fiori che si preparano alla trasformazione.
La prima raccolta di fave Filippo Florio l’ha già fatta, per il piacere di quanti frequentano ogni sabato il mercato di prodotti della terra isolana a Ischia Porto. E a quell’appuntamento le ha presentate con particolare orgoglio, per l’ennesima sfida superata che rappresentano.
Anzi, più sfide in una, visto che si tratta di una coltivazione particolare in un sito che ha cominciato a praticare nell’ultimo anno, sebbene vi riponesse già da prima molte aspettative. Che la terra generosa, anche stavolta, non ha deluso.
«Ho cominciato a seminarle a settembre – racconta – confidando che, se tutto fosse andato bene, avrebbero dato frutto con largo anticipo. Il terreno dei Maronti, è ideale per le primizie». Merito di una particolarità di questo luogo che è figlia della speciale natura dell’isola madre. In questo campo, ben esposto al sole e affacciato sul mare, di cui si avverte delicatamente il profumo salmastro, nel rendere fertile la terra argillosa gioca un ruolo fondamentale un elemento nascosto, ma decisivo: la presenza di acqua calda nel sottosuolo. Un fattore caratteristico dell’isola vulcanica che rendeva particolarmente favorevoli per produzioni copiose, anche fuori stagione e sempre di altissima qualità, diverse aree costiere, da un versante all’altro di Ischia. Molte di quelle aree nel tempo sono state convertite ad altro, invece questa vicino alla spiaggia più estesa e celebrata dell’isola è stata riportata in produzione, di recente, proprio dalla testarda determinazione con cui Filippo sta lanciando il recupero all’agricoltura dei terreni abbandonati.
C’è voluto tanto lavoro, innanzitutto. Per arare e raffinare il terreno, prima di avviarne la coltivazione all’inizio dell’autunno. Con l’idea, fin dall’inizio, di utilizzare le condizioni favorevoli del sito per trarne primizie. Perciò Filippo ha piantato tra gli alberi da frutto migliaia di piccoli bulbi di agli e cipolle, i semi di fave e piselli e una grande varietà di verdure invernali. Bulbi e semi selezionati con cura, anno per anno, in gran parte di sua produzione o ricercati secondo criteri molto precisi e severi: «Mi rivolgo agli amici – dice – per condividere varietà antiche, particolari, legate al territorio. Ho anche la fortuna di avere un amico che gira per le aziende agricole della Campania e gli ho chiesto di portarmi sementi tipiche, che qui a Ischia sono andate perdute. Le patate, per esempio. Quelle che ho piantato provengono dai Monti Lattari, sono rigorosamente campane, sarebbe stato a dir poco contraddittorio seminare patate olandesi, in spregio alla biodiversità e contro i miei principi».
I nuovi terreni si prestano anche a qualche esperimento. Come le cipolle ramate grandi che «aspettiamo e vediamo come vengono». Ma la lavorazione della terra avviene rigorosamente secondo le pratiche tradizionali, frutto di una sapienza antica, rispettosa delle leggi della natura e delle caratteristiche climatiche e ambientali di ogni campo: «É fondamentale mischiare le colture – mi spiega Filippo – poi si può fare il “pascone”, come noi chiamiamo il sovescio, sotterrando delle legumentose per arricchire la terra di minerali o, se è povera di calcio, si usa il sangue di bue. Ma i terreni non coltivati da tempo sono anche molto fertili, ricchi di humus e non c’è neppure bisogno di concimi».
La terra buona da recuperare non manca sull’isola. Lo stesso Filippo, oltre all’orto e frutteto dei Maronti, si è dedicato ad altri appezzamenti sul Monte Barano e alla Guardiola. E non è il solo. Ci sono giovani interessati a riprendere l’attività in campi abbandonati, a raccogliere una sfida che presenta non poche difficoltà. I costi dell’attività, infatti, sono maggiori sull’isola che altrove, perché si paga di più la nafta e perfino l’acqua per l’uso agricolo e senza supporti specifici.
D’altro canto, negli ultimi anni, di pari passo con la crescente attenzione riservata dai consumatori alla qualità e genuinità degli alimenti e con il ritorno della cucina contadina, è aumentata anche a Ischia la domanda di prodotti a chilometro zero di cui sia identificabile la provenienza. «C’è un ritorno degli ischitani alle produzioni locali – conferma Filippo – e anche diversi turisti si fermano al mercato del sabato, fanno domande, mostrano interesse e fanno anche qualche acquisto di erbe aromatiche selvatiche, spezie e conserve. Questo sollecita un incremento delle produzioni locali e la ripresa dell’attività agricola di qualità. É per dare risposta a questa richiesta dei consumatori che ha senso riprendere terreni come questo dei Maronti e programmare produzioni stagionali precoci».
Un progetto di ampio respiro, quello a cui sta lavorando Florio in una logica di rete con altri produttori, che si affianca alla riattivazione degli antichi fossi per l’allevamento tradizionale dei conigli, al ritorno alla produzione di olio, seppure per ora solo per uso proprio, alla valorizzazione delle erbe selvatiche, al recupero di varietà di ortaggi cadute in disuso. Come le fave a baccello corto che stanno dado frutto nel terreno dei Maronti. Dove già in febbraio l’acqua calda che irrora il sottosuolo, consentirà di mettere a dimora con largo anticipo le prime piantine di pomodoro. E ancora altri semi di fave e piselli, per averne di freschi quando sarà la loro stagione naturale. A primavera.
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