A soli due chilometri dal Vesuvio, sulla collina del Salvatore scelta per la sua posizione particolarmente favorevole, sorge la sede storica dell’Osservatorio Vesuviano,
il più antico osservatorio vulcanologico del mondo per il vulcano più studiato al mondo. Fu agli inizi dell’Ottocento che il mondo scientifico, che da oltre un secolo monitorava costantemente il Vesuvio in piena e ininterrotta attività dal 1631, cominciò a chiedere una struttura dove poter alloggiare gli studiosi che continuavano ad arrivare sul posto da ogni parte. E il re Ferdinando II prese a cuore personalmente l’istanza, dando l’incarico già nel 1839 di fondare un osservatorio meteorologico al fisico Macedonio Melloni, originario di Parma, che si era già distinto, oltre che per la sua valente attività scientifica, anche per le sue idee liberali. In quello stesso anno Melloni, consigliato al re da Alexander von Humboldt e nominato professore di fisica all’Università di Napoli, avviò la realizzazione dell’Osservatorio, provvedendo anche all’acquisto delle apparecchiature necessarie. Ci vollero nove anni per completare l’edificio, che fu consegnato a Melloni il 16 marzo 1848, l’anno delle rivoluzioni europee. La fama di liberale di Melloni gli costò l’incarico. Al suo posto fu chiamato un insigne studioso, il fisico, vulcanologo e filosofo Luigi Palmieri, che nel 1856 dotò l’Osservatorio di una torretta meteorologica. Fu lui a inventare un nuovo sismografo elettromagnetico, che consentì di studiare le correlazioni fra fenomeni vulcanici e sismici, e a creare una rete di stazioni di rilevamento che diedero una svolta alla ricerca vulcanologica. Palmieri seguì personalmente le eruzioni del vulcano che si susseguirono nella sua lunga direzione dell’Osservatorio. Tra i suoi successori, tutti illustri scienziati, dal 1911 vi fu anche il famoso sismologo Giuseppe Mercalli, che ideò una prima riforma dell’Osservatorio. Requisito dagli Alleati nell’ultima guerra, nel 1983, in occasione della fase culminante del bradisismo flegreo, l’Osservatorio fu privato delle sue funzioni operative, trasferite a Napoli dove sono da allora rimaste, e così la sede storica all’ombra del Vesuvio fu definitivamente dedicata ad ospitare il Museo vulcanologico
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