Al primo impatto visivo, complice il biancore della facciata, appare come un inno alla semplicità, nonostante le linee architettoniche di chiara matrice barocca.
Un gioiello di cui si comprende appieno tutto l’inestimabile valore solo varcando la grande porta d’ingresso, accolti subito dalla complessa armonia creata dalla compresenza di molteplici elementi d’interesse, che attirano progressivamente l’attenzione su ogni parte dello spazio ottagonale a croce greca, sormontato da una scenografica cupola dispensatrice di luce. Anche se è il pavimento/capolavoro a dominare la scena, da qualunque prospettiva lo si osservi.
Ė famosa proprio per il suo pavimento di “riggiole” artistiche, la chiesa monumentale di San Michele Arcangelo, nel centro storico di Anacapri, precisamente in quella piazza San Nicola che ricorda la preesistenza di un edificio sacro intitolato al santo barese e in parte inglobato nell’attuale struttura, risalente al periodo tra il 1698 e il 1719. A quel tempo, madre Serafina Di Dio era la superiora del convento delle Teresiane, vicino alla chiesa di San Nicola, e nel procedere alla ristrutturazione del monastero pensò di costruire anche una nuova chiesa. Che in parte si sovrappose a quella già esistente, di cui sono ancora identificabili parti in stucco nell’ingresso laterale rispetto al portale principale. A progettare il nuovo edificio fu Domenico Antonio Vaccaro, ma vi prestarono la loro opera anche altri celebri artisti, grazie al contributo economico di importanti sostenitori, tra i quali il vescovo dell’epoca, Michele Gallo di Vandenejnde, che così volle investire nel luogo della sua sepoltura.
Nella chiesa si contano sette cappelle, dedicate alla Madonna e agli Angeli custodi. Tutte custodiscono opere pregevoli datate al 1719 e firmate in gran parte da Paolo De Matteis, oltre a due dipinti di Francesco Solimena. I bellissimi altari con tarsie policrome sono in legno, realizzati da ottimi artefici locali forse in attesa di sostituirli con altri di marmo. La bella pavimentazione in “riggiole” propone festoni di frutta e fiori.
Nella cappella di fronte all’ingresso, l’altare maggiore del 1761, in marmo di Carrara e pietre dure è opera di Agostino Chirola. Vi sono esposti un San Michele Arcangelo di Nicola Malinconico, due quadri di Angeli di Paolo De Matteis, mentre la Natività e l’Orazione nell’orto sono di Giacomo del Po. Il pavimento dell’abside reca una straordinaria decorazione forse su disegno di Giuseppe Sanmartino.
L’altare maggiore fu donato dal principe di San Nicandro, come l’opera più stupefacente tra tutte: il pavimento formato da centinaia di maioliche finemente decorate, che rappresenta Adamo ed Eva scacciati dal Paradiso terrestre ed è firmato dal maestro Leonardo Chiaiese, di cui è presente la firma in un angolo dell’opera. Che può essere ammirata in tutti i suoi particolari, nella varietà degli animali, nell’armonia dei colori seguendo la passerella di legno che discretamente costeggia il pavimento in tutto il suo perimetro. Ma per ammirare al meglio l’opera, la si può osservare nella sua totalità dall’alto, salendo attraverso una scala a chiocciola posta nell’ambiente di lato alla chiesa fino allo spazio dove è collocato il prezioso organo di legno dipinto.
Nell’ambiente al piano rialzato come in quello sottostante con la scala sono esposti vari pezzi riconducibili alla congregazione dell’Immacolata Concezione. Questa ha avuto un ruolo importante nella storia della chiesa anacaprese, che le fu donata da re Ferdinando I di Borbone, dopo che aveva riaperto al culto la chiesa, trasformata in deposito di munizioni durante l’occupazione inglese nel 1808. Per fortuna, le vicissitudini di quel periodo non procurarono danni al prezioso pavimento di maiolica settecentesco.
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