Se si parte dal refrain di una nota canzone, allora si parte dalla fine: dal dolce (di zucchero) che sta sul fondo della tazzina di caffè.
Cos’è la napoletanità senza la tazzulella di caffè? E senza la sfogliatella riccia? E senza il babà? Non sono consuetudini abusate: sono fatti. Da assaporare a occhi chiusi. E la pizza?
L’ Arte del Pizzaiuolo napoletano
In origine era solo un pane schiacciato e condito con i più diversi ingredienti, a seconda della disponibilità.
Questo morbido disco d’impasto cotto nel forno a legna, coronato dalla mozzarella o dal fiordilatte e dal basilico; o dal pomodoro e dall’origano, e condito con effetti mirabolanti di fantasia e cose buone, non si smette mai di divorarlo, ovunque: in pizzeria; on the road, «piegata a libretto» come si faceva una volta; o in formato ridotto nelle sempre più diffuse pizzetterie, fast food della storia breve e del futuro. Una pizza che è anche fritta, che è «calzone», o «a pallone», con due dischi sovrapposti e imbottiti di ricotta e «ciccioli» di maiale. Sembra difficile pensare a qualcosa di più calamitante per il palato. Eppure siamo solo, in qualche modo, a una sorta di antipasti. L’universo culinario napoletano è davvero infinito, e non tanto per i golosi, perché non bastano solo… la pizza e soprattutto i maccheroni e tutte le declinazioni della pasta per evocarlo, ma le grandi materie prime, marinare e terricole (le verdure, le «foglie, gli ortaggi), che completano i menu. Prodotti che confinano con il sublime e sposano perfettamente le esigenze non solo dei cuochi ostinatamente tradizionali delle osterie e dei «vini e cucina» ma, soprattutto, favoriscono le conquiste di quanti scalano le vette internazionali della gastronomia con ardite elaborazioni che sconfinano nell’arte e nel design. Restando concreti, si possono ricordare le alici dorate e fritte e la zuppa di soffritto; il fritto misto alla napoletana e gli spaghetti alle vongole veraci; e, ancora, la frittata di spaghetti o, soprattutto, il sartù di riso, i moscardini «al pignatiello» e il gattò di patate, passando per una braciola di maiale al ragù, per un’insalata di rinforzo, senza rinunciare – in questo elenco appena approssimativo – a una profumata pastiera. Napoletana, naturalmente.
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