Ne sono il principale elemento distintivo, ma le pietre di piperno grigio dalla particolare forma a diamante che ricoprono la facciata, sono più antiche della chiesa.
Decoravano, infatti, il prospetto del Palazzo Sanseverino, che la nobile famiglia salernitana aveva fatto edificare nel 1470 nel centro di Napoli, sulla piazza da cui aveva inizio il decumano minore. Per l’edificio napoletano, Novello da San Lucano aveva scelto il bugnato che solo in seguito sarebbe diventato un ricercato motivo decorativo per i palazzi rinascimentali in Toscana e nel Nord Italia. La caduta in disgrazia di Ferrante Sanseverino, che nel 1552 aveva partecipato alla rivolta popolare contro l’introduzione dell’Inquisizione da parte del viceré don Pedro da Toledo, comportò il suo esilio e la confisca dei beni di famiglia, compreso il palazzo. Che nel 1584 passò ai Gesuiti, non si sa se a seguito di una donazione o di un vero e proprio acquisto, in cerca di una struttura per la loro sede in città. E con il passaggio ai religiosi iniziò la seconda vita di quel bugnato, unica parte dell’edificio originario a rimanere in piedi, per essere inglobata nella nuova chiesa, progettata da padre Giuseppe Valeriano e Pietro Provedi, che prese il nome di Gesù Nuovo. Nuovo, per distinguerla dalla preesistente chiesa del Gesù Vecchio, sempre nel centro di Napoli. Poco meno di due secoli più tardi, l’edificio sacro venne rinominato Trinità Maggiore dai Francescani, che ne furono i proprietari tra il 1767 e il 1804, quando ritornò in possesso dei Padri Gesuiti. Vicende ricordate sinteticamente nella targa apposta sulla facciata, che fa riferimento anche all’integrazione nel Patrimonio dell’Unesco.
Il “mistero” del bugnato
Della prima chiesa rinascimentale ha resistito nel tempo anche il portale del ‘500 in marmo bianco, che risalta al centro della facciata sul colore scuro del bugnato. Una leggenda racconta che le bugne sarebbero state montate al contrario, per cui le energie negative, invece di essere respinte, sarebbero attirate sull’edificio, che ha conosciuto nella sua storia tante vicissitudini. Atra particolarità del bugnato è la presenza di alcuni segni incisi sulla cui funzione ci si è interrogati a lungo. Il “mistero” è stato svelato solo nel 2010, a conclusione di un’indagine dello storico dell’arte Vincenzo De Pasquale, che ha identificato le sette lettere dell’aramaico, la lingua di Cristo, corrispondenti alle sette note. Leggendo i segni da destra a sinistra e dal basso verso l’altro, è stata ricostruita una partitura per strumenti a plettro della durata di circa tre quarti d’ora. Non a caso, la composizione è stata denominata “Enigma”. Peraltro, Novello da San Lucano fu anche un compositore di musica gregoriana.
Abbattuta gran parte della struttura dei Sanseverino, la realizzazione della chiesa iniziò nel 1584 e ci volle più di un decennio per arrivare alla conclusione nel 1597, grazie ai finanziamenti di Isabella Feltria della Rovere, moglie di uno degli ultimi esponenti della casata dei Sanseverino. Per la consacrazione si dovette aspettare ancora, fino al 7 ottobre 1601, con la dedicazione all’Immacolata.
Il sontuoso interno barocco
A croce greca in tre navate, a cui corrispondono i tre portali verso l’esterno, la chiesa presenta undici cappelle laterali con altari policromi. Undici cappelle laterali con altari policromi. Al centro del transetto s’innalza la cupola rifatta nel 1786 per sostituire l’originale, abbattuta da un terremoto nel 1688. Molte altre parti dell’edificio hanno subito nei secoli rifacimenti così come si sono resi necessari restauri delle opere pittoriche, al fine di sanare gli effetti dei vari eventi distruttivi. Compreso il bombardamento subito durante l’ultima guerra mondiale, nel 1943, di cui resta esposta, come testimonianza, una bomba inesplosa.
L’interno della chiesa è il frutto del contributo di tutti i grandi artisti dei periodi manierista e barocco attivi in città. A cominciare da Belisario Corenzio, autore della maggior parte degli affreschi. Di Giovanni Lanfranco restano solo I quattro Evangelisti del 1738, affrescati sui pennacchi. Massimo Stanzione affrescò la volta del presbiterio con Storie della via della Madonna tra il 1638 e il 1740. Cosimo Fanzago progettò la brillante soluzione per il cappellone di Sant’Ignazio di Loyola, dove le due monumentali figure scolpite di David e Geremia si protendono dalle nicchie. E nella parte alta del cappellone, si distinguono i dipinti di Josepe De Ribera del 1643, raffiguranti le Storie della vita di Sant’Ignazio, che vennero colpiti drammaticamente dai bombardamenti del 1943. Sempre di Fanzago, nel cappellone destro dedicato a San Francesco Saverio c’è la statua di Sant’Ambrogio. Il prolifico Luca Giordano dipinse le tele in alto, frutto della sua fase barocca, precedente al viaggio in Spagna nel 1692. Sulla controfacciata campeggia La cacciata di Eliodoro dal Tempio, opera di Francesco Solimena nel 1725.
Nella cappella di Sant’Anna, sono custoditi due grandi reliquari con 64 busti lignei di Santi dipinti, inseriti entro uno spettacolare apparato di cornici intagliate e dorate, firmati da Domenico Di Nardo.
Tra i tanti eventi infausti, l’incendio della sacrestia, a cui si accede dalla crociera, distrusse opere di Aniello Falcone dipinte entro il 1652. All’Ottocento risalgono, poi, gli interventi di Raffaele Postiglione sulla tribuna, che è di grande effetto scenografico, mentre l’altare maggiore è impreziosito dalle statue di marmo dell’Immacolata e dei Santi Pietro e Paolo di Antonio Busciolano, scolpite nel 1854.
Il culto di San Giuseppe Moscati
La cappella della Visitazione è dedicata al culto del medico napoletano Giuseppe Moscati, canonizzato nel 1987, che è sepolto proprio nella chiesa.
Attraverso una porta dal Cappellone di San Francesco Saverio si accede alle Sale di Moscati, dove sono fedelmente ricostruite, grazie ai mobili donati dalla sorella Nina, sia la stanza dove il Santo accoglieva i suoi assistiti sia la camera da letto con i suoi scritti dell’appartamento nella casa di via Cisterna dell’Olio, nel cuore della città di Partenope.
Informazioni utili:
aperta tutti i giorni dalle 7.30 alle 13.00, e dalle 16.00 alle 19.30, con ingresso gratuito per tutti i visitatori.
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