Arrivano dalla notte dei tempi, da quando gli agricoltori cominciarono a rendere grazie alle divinità della terra per l’esito dei raccolti. Diventarono vere e proprie feste comunitarie in epoca romana, nel pieno dell’estate, quando le bionde spighe donavano i loro frutti, irrinunciabile fonte di cibo.
abbazia s.giovanniDa allora si sono tramandati di generazione in generazione nei secoli, integrandosi anche nella ritualità cristiana, come omaggio, a seconda dei paesi, o alla Madonna, celebrata con vari titoli, o a San Rocco, protettore dalle pestilenze, il cui culto si radicò fortemente in Campania soprattutto dopo l’epidemia di peste che colpì duramente l’intero Regno di Napoli nel 1656. Sono i Riti di Grano e di Paglia, radicati in diversi Comuni campani del Sannio e dell’Irpinia, con altri due vicini paesi del Molise, lungo la dorsale appenninica che fu ponte tra popoli e culture fin dalle epoche più remote. Al di là delle peculiarità che li caratterizzano nei diversi paesi, gli elementi comuni che ne fanno una testimonianza antropologica di straordinario interesse hanno convinto la Regione, dalla quale sono già identificati come eventi di rilevanza nazionale e internazionale, a predisporne la candidatura al Patrimonio Unesco. 

FOGLIANISE

Ė probabile che tutto abbia avuto origine in concomitanza con le Feriae Augusti, quando, insieme alle celebrazioni per un intero mese in onore dell’imperatore, si festeggiava anche il raccolto. Tratta origine dall’epoca romana, la prima attestazione di una festa del grano a Foglianise risale a dieci anni prima della scoperta dell’America, quando tutti gli abitanti del borgo si spostarono in una chiesa di campagna su ruderi più antichi, per condividere la Festa dell’Abbondanza di cui era protagonista il grano appena mietuto. Nel 1656 anche la gente di Foglianise si raccomandò a San Rocco per essere protetta dalla peste e da allora il culto del Santo diventò sempre più diffuso, consolidandosi definitivamente con l’arrivo delle sue reliquie nel 1727. Fu in quell’occasione che delle fanciulle sfilarono in processione recando dei covoni. La prima struttura di paglia e grano intrecciati fu un palio dalla forma di campanile, alto venticinque metri e con differenti registri, opera delle diverse contrade, che sfilò per le strade del borgo il 16 agosto, per l’annuale festa di San Rocco. Al suo culto le opere di paglia sono collegate dal “Libro del Cannaruto” del 1730. Progressivamente, dai carri pieni di spighe e dalle ghirlande intrecciate si passò a strutture più complesse, fino alla perfetta riproduzione in scala di architetture monumenti famosi. Perciò, su strutture di ferro e di legno, di anno in anno si collocano le realistiche ricostruzioni realizzate dagli abili costruttori foglianesari. Su carri trainati da trattori o da buoi, lungo un tracciato che appartiene anch’esso alla tradizione, con la partecipazione di tutta la popolazione.

La festa si è sempre più evoluta e copre buona parte di agosto, giacchè inizia l’8, giorno del patrono San Ciriaco. Ma il momento clou resta la giornata del 16, quando avviene la benedizione dei carri, presso la chiesa di San Rocco. La statua del Santo, anch’essa intrecciata con le spighe, apre il corteo su un carro trainato da due buoi, seguono i carri con le altre opere, oltre a gruppi storici in abiti d’epoca e alle “pacchiane” con i cesti carichi di spighe, accompagnati da musica e canti tradizionali. Dopo la sfilata, la statua di San Rocco è collocata nella chiesa di Santa Maria di Costantinopoli, mentre i carri restano in esposizione in piazza Fiamme Gialle per due giorni, fino al 18, quando viene consegnata la “Spiga di cristallo” al carro più bello. 

SAN MARCO DEI CAVOTI

Il delizioso paese della valle del Fortore, dominato dalla torre provenzale e famoso per il suo torrone e i croccantini, è teatro di una festa interamente dedicata al grano e alla sua cultura che si svolge ogni anno la seconda domenica di agosto. Le diverse contrade del paese si cimentano nella realizzazione di pittoreschi carri formati da spighe lavorate secondo varie tecniche, che vengono fatti sfilare per le caratteristiche strade del borgo in onore della Madonna del Carmine, la cui statua precede con tutti gli onori la processione, che si conclude con una celebrazione religiosa nella chiesa di San Marco Evangelista. 

Ogni anno, per mesi, le contrade sono mobilitate nella progettazione e realizzazione dei carri e da qualche tempo anche la scuola si è fatta promotrice di iniziative volte a favorire la trasmissione ai giovani delle tecniche di lavorazione del grano e la passione verso questa tradizione importante della comunità. Tradizione che affonda le sue radici in un episodio avvenuto nel Settecento, quando in un anno dalle condizioni climatiche avverse, dopo la trebbiatura, le piogge incessanti durate molti giorni impedirono la lavorazione delle spighe, rischiando di compromettere il raccolto. I paesani chiesero l’intervento della Madonna del Carmine con una solenne processione nel borgo fino al ponte San Rocco. Giunti in quel punto, la pioggia si interruppe e il torrente si abbassò all’improvviso. Da allora, una parte del grano venne sempre offerta a devozione della Madonna, poi si cominciò ad organizzare una festa, finanziata con la vendita del grano. Più recente è la tradizione dei carri finemente lavorati, che resta un appuntamento corale a cui partecipano tutti gli abitanti del borgo.

Ph:Giusi Iannelli