Era da un po’ che ci pensavo. Per essere l’isola di mio nonno e, di nascita, pure di papà, Procida l’ho frequentata pochissimo e sempre fugacemente, senza avere mai il tempo di percorrerla in santa pace, per conoscerla meglio come merita.
Tante volte, durante la classica fermata sulla rotta verso Napoli o verso Ischia, avevo avuto la tentazione di una visita non programmata, ma il “ci vengo presto” risolutore arrivava puntuale a rinviare l’appuntamento. Finchè, all’improvviso, è arrivata la possibilità di un pomeriggio tutto procidano, prospettata a Discover Campania da Marianna Polverino di Ischia Hiking, impegnata ad andare ad accogliere proprio a Procida un gruppo di viaggiatori speciali. Una situazione ideale: un inizio di ottobre perfetto dal punto di vista climatico, l’occasione di visitare l’isola con una guida esperta e coinvolgente come Marianna e la prospettiva piacevole di fare nuovi incontri. Insomma, il meglio che ci si possa aspettare da un viaggio, anche se per poche ore e solo a poche miglia di mare di distanza, praticamente di fronte a casa.
E infatti a Procida, appena sbarcata tra una folla in attesa di imbarcarsi per Napoli, mi si è ribaltata la prospettiva. A cominciare dal panorama di Monte di Procida, che vedo ogni giorno in lontananza e che qui sembra di poter toccare con la mano, tanto è vicino, visto dal porto. E così diventa chiarissimo il legame profondo tra le due terre separate da un canale di mare che nei secoli non è riuscito a dividere le comunità. Quella procidana è forte, resistente, temprata nel tempo dalle lontananze e dai ritorni. E le persone affacciate alle finestre, che osservano il viavai sul porto, dettano ancora il ritmo della vita che continua a svolgersi come sempre, al di là dei flussi e dei deflussi che portano traghetti e aliscafi già in questa annata, prima dei grandi numeri attesi dalla Capitale italiana della Cultura nel 2022.
Con Marianna ci siamo subito trovate al porto e così ha avuto il tempo di spiegarmi meglio chi stavamo aspettando: non un gruppo di ospiti qualunque, per quanto appassionato, ma tre dei sette ragazzi di Va’ Sentiero, che hanno compiuto una vera e propria impresa, percorrendo interamente, come non accadeva da tempo immemorabile, l’ormai desueto e misconosciuto Cammino Italia, oltre settemila chilometri a piedi seguendo le dorsali montuose che, a nord, segnano i confini della Penisola, per poi accompagnarla per tutta la sua lunghezza fino all’estrema punta meridionale e oltre, sulle due isole più grandi. Un’avventura dal sapore antico, ma condivisa con i mezzi moderni della comunicazione, che hanno consentito al gruppo di far conoscere e apprezzare a una platea amplissima ogni passo del lungo e faticoso percorso, insieme ai luoghi, alle persone, alle particolarità che hanno incontrato. Walk, discover, share – cammina, scopri, condividi – è il motto dei Va’ Sentiero, che mi evoca un approccio molto familiare, al di là della parola comune, con il particolare cammino che stiamo facendo con Discover Campania.
Arriva l’aliscafo da Napoli e scendono anche i nostri tre giovani amici. Simpatici, cordiali, comunicativi, basta un attimo a capire come siano riusciti a conquistare l’attenzione di tante persone lungo il loro cammino, quelli che di volta in volta hanno incontrato dove sono passati e quelli, sempre più numerosi, che hanno scelto di accompagnarli per tratti più o meno lunghi di strade e sentieri, a volte segnati solo sulla carta, ormai completamente inselvatichiti, e da riaprire.
Iniziato nel 2019 e compiuto per metà fino alle Marche, prima di dover desistere causa pandemia, l’itinerario completo del Cammino Italia, che è il cammino più lungo del mondo, si è concluso da poco e i ragazzi sono già alla ricerca di nuovi stimoli, di una nuova partenza insomma. Le idee non mancano e per metterle meglio a fuoco si sono concessi un breve periodo di riflessione, tutti insieme, tra Ischia e Procida. Hanno fatto un bel po’ di strada anche in Campania, seguito l’Appennino, attraversato parchi e riserve naturali di grande valore, con una digressione, l’unica rispetto alla dorsale appenninica ma rigorosamente compresa nel Cammino (anche se nessuno se lo ricordava, prima), sui Monti Lattari, fino all’incontro col mare a Punta Campanella. Capri di fronte ha fatto venire loro altre idee e forse la voglia di vedere le altre isole dell’Arcipelago campano, cominciando da Procida. Dove hanno trovato attenzione da parte dell’assessora Lucia Mameli e dove, appena arrivati, li ha accolti l’assessore al Turismo Costagliola, che ci ha illustrato le iniziative e la complessità organizzativa del progetto Capitale della Cultura, di fatto già in corso di realizzazione ben prima dell’anno fatidico.
I ragazzi sono appassionati ed entusiasti di quello che considerano un impegno di vita per loro, ma sono anche molto concreti e le domande all’assessore sono state chiare e precise. Come le curiosità lungo il cammino che poi ci siamo goduti, camminando per le strade e i vicoli verso la parte più alta dell’isola e sfruttando le ultime ore di luce per arrivare, superata la magnifica piazza di Semmarezio con la chiesa di Santa Maria delle Grazie e il monumento a Scialoja, al belvedere della salita al Castello. Dove la prospettiva mi si è ribaltata di nuovo, con le alture di Ischia imponenti sullo sfondo e la meraviglia dell’insenatura più celebrata di Procida sotto di noi, incorniciata su un lato dalla meravigliosa Corricella, veramente degna del suo nome greco kora kalè, luogo bello. Dall’alto ancora più magico, per le architetture, i colori vivaci, i tetti antichi a “carusiello” (secondo il dialetto ischitano) fatti di lapillo vulcanico, tra le vicinanze con l’altra isola al di là del mare.
“Quando siamo in cammino al tramonto, chiedo sempre a chi sta con me di restare in silenzio”, è stato l’invito di Marianna davanti allo spettacolo maestoso della gigantesca sfera rosso-aranciata che stava per scomparire dietro Ischia, lasciando bagliori dorati nel cielo già vestito delle tenuità dell’ora rosa. Istanti di assoluta meraviglia, sotto la rocca che ci chiamava all’ultimo tratto di salita, prima di trovarci nel cuore di Terra Murata, il borgo più antico, prodigo di suggestioni e generoso di bellezza.
C’è l’affaccio sulla grande struttura del castello, gravida di storia e di storie, che sembrano uscire da ogni finestra per chiedere attenzione e ricordo. E c’è il panorama che abbraccia i Campi Flegrei e la costa del mito fino a Capo Miseno e oltre, verso la sagoma inconfondibile del Vesuvio e alla Punta Campanella, che Sara Furlanetto, Yuri Basilicò e Giacomo Riccobono, i nostri amici di Va’ Sentiero, hanno riconosciuto subito, a prima vista.
Marianna ci ha fatto da guida, quando il cielo della sera cominciava a prevalere, nella discesa alla Corricella, lungo scalinate ardite tra le tipiche architetture procidane e qualche crocchio di vicini, che ci ha dato il senso di quanto la comunità sia ben viva, al di là dei percorsi per i turisti.
La Corricella è una visione dall’alto, ma anche da dentro. Un tutt’uno tra case, vite e mare, com’è nella storia, nella tradizione, diciamo anche nel Dna dei procidani. La tranquillità della sera d’inizio autunno ha accentuato la piacevolezza dell’incontro, con il sottofondo del motore e delle voci del primo peschereccio appena salpato per l’uscita notturna.
Il tempo era poco, l’imbarco incombeva e a Ischia erano già arrivati gli altri tre componenti del gruppo. Una passeggiata a passo veloce per le vie di Procida, tornate alla loro dimensione “paesana” di fine giornata, prima di concludere un pomeriggio da incorniciare e riprendere il mare verso Ischia. Per gli amici di Va’ Sentiero un altro angolo di Italia da scoprire, cominciando dal porto, che ci è venuto incontro accogliente con le sue luci calde a dare loro il benvenuto sull’Isola Verde.
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