Proprio quell’ampia visuale originò la funzione di avvistamento assegnata alla torre nell’area di confine della terra irpina. Così come diversi secoli prima, la stessa altura su cui sorge la torre già ospitava un castrum, una struttura fortificata in posizione strategica sulle vie di collegamento tra la Valle Caudina, Benevento, Avellino e Salerno.
A 738 metri, quell’altura è posta ai piedi del Monte Vallatrone, sub monte dunque, definizione che s’incontra per la prima volta in un documento del X secolo in riferimento alla proprietà agricola denominata Santa Maria del Preposito o Santa Maria ad Submonte, che nel 1174 fu ceduta in permuta alla vicina abbazia di Montevergine.
Un sito che aveva conosciuto la presenza umana già prima dei Romani, come testimoniano tombe appartenenti ad una popolazione di cultura osca. Poi, nel V secolo d.C., la collina sotto il monte accolse protettiva genti fuggite da Nola, Abella e Abellinum a causa dell’avanzata dei barbari.
Fu quello il nucleo dell’insediamento che si consolidò e si espanse nei secoli successivi. In un’area dove era significativa l’influenza monastica anche dal punto di vista economico, con l’introduzione della coltivazione del castagno, ancora oggi caratteristica tra i monti del Partenio, della vite, dell’ulivo e del nocciolo. A cui si aggiunsero in seguito il lino e il gelso che, documentato in quell’area dal 1037, identifica il primo esempio di bachicoltura per la produzione della seta nell’Italia meridionale.
La presenza di un castrum è attestata già intorno alla metà dell’VIII secolo, ma fu con l’avvento dei Normanni che prese forma il castello, di cui è provata l’esistenza già nel 1094. Progressivamente, le opere di difesa furono estese al casale che si era sviluppato tutt’intorno. Ma né le mura né le torri angolari che completavano la fortezza furono sufficienti ad evitarne la distruzione nel 1134 da parte di Ruggero II, durante il conflitto che lo opponeva al conte Rainulfo di Avellino. Lo stesso Ruggero provvide poi alla ricostruzione, prima di consegnare il castello a Raone Malerba, come feudatario. E i Malerba vi risiederono per qualche secolo.
Fu nel XIV secolo, in piena epoca angioina, che il mastio, che s’innanzava nel punto più elevato del castello, venne inglobato in una nuova torre cilindrica alta sedici metri, ben visibile anche da notevoli distanze. Intanto, il feudo era passato ai Della Leonessa, che la utilizzarono come torre di avvistamento a presidio del territorio irpino. Gli ultimi feudatari di Summonte, i Doria del Carretto, lo controllarono per circa due secoli, fino all’eversione della feudalità nel 1806. Le scoperte archeologiche recenti hanno consentito di identificare le strutture più antiche del castrum alla base della torre, che svetta sopra i tetti rossi del borgo.
Nella torre completamente restaurata è allocato il Museo Civico, con una collezione di armature antiche del XV-XVI secolo e l’esposizione dei reperti ritrovati nell’area del castello.
Costruita su una struttura preesistente, la chiesa madre di Summonte è dedicata al patrono San Nicola. A tre navate, di gusto spiccatamente barocco, l’edificio seicentesco custodisce negli altari laterali pregevoli statue lignee del Sei-Settecento. Tra i numerosi dipinti, una raffigurazione settecentesca dell’Immacolata di Michele Ricciardi, una Deposizione del XIX secolo e un’Annunciazione esposta sull’altare maggiore. Vi è annesso anche un piccolo museo.
Ma a dare il benvenuto a Summonte sulla piazza principale del centro storico è un monumento verde, un secolare albero di tiglio alto ben 34 metri. Ė quello il suggello all’identità del borgo, identificato tra i più belli d’Italia.
Valore aggiunto alla visita al centro storico è l’importante patrimonio naturalistico che circonda Summonte, con percorsi di notevole interesse e spazi attrezzati. Tra l’altro, passa per il Monte Vallatrone un tratto del Sentiero Italia che giunge fino all’altopiano di campo San Giovanni.
Il territorio di Summonte è interamente compreso nel Parco Regionale del Partenio.
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