Un amore infelice, figlio del mito che tanta parte ha nella cultura di questa terra antica, cantata anche da Virgilio.

Era preso da una grande passione per la bella ninfa marina Kamaratòn, il nocchiero della flotta di Enea, Palinuro. Ne era rimasto folgorato osservandola nel mare illuminato dalla luna e le aveva proposto di sposarlo. Ma lei era stata irremovibile nel respingerlo, tanto da procurare al troiano un grande dolore. Così, nella notte narrata nel V libro dell’”Eneide”, Palinuro chiese al dio Sonno di lenire le sue pene d’amore e cadde in mare, affogando. Colpita come il figlio Enea dalla morte del nocchiero, Afrodite volle vendicarlo, e trasformò Kamaratòn in una roccia, costretta per l’eternità a guardare il mare in cui si rispecchia anche Palinuro, il promontorio roccioso da cui la divide una lunga striscia sabbiosa. E sulla roccia di Kamaratòn sorse Camerota nel VI a.C., ad opera dei Focei che si erano stanziati anche ad Elea. Fuori dal mito, il nome Camerota potrebbe derivare sempre dal greco, con un riferimento alle volte delle numerose grotte diffuse nel suo territorio.

Il centro principale del Comune cilentano è su una collina alta 323, affacciata su una distesa lussureggiante di uliveti che arriva fino al mare. Nel Medio Evo, il borgo fu fortificato con grandi mura, una torre alta oltre sedici metri e un castello, a causa dei continui attacchi dei Saraceni, che pure arrivarono ad occupare la rocca tra l’868 e il 915. Ma il peggiore degli attacchi si verificò nel 1552, quando l’armata di Dragut mise a ferro e fuoco Camerota, distruggendone anche il castello. A ricostruirlo fu don Placido de Sangro, di una delle famiglie che nei secoli ebbero Camerota tra i loro feudi. In quel periodo il castello passò da residenza baronale a marchesale e furono edificate anche torri di avvistamento.

Marchesi di Camerota furono varie famiglie di primo piano nel regno di Napoli nelle varie epoche: dai Sanseverino ai de Sangro, dai Marchese agli Orsini. Proprio uno dei Marchese, Paolo, nel 1647 pensò di ripristinare lo jus primae noctis. La risposta degli abitanti del borgo fu violentissima: il nobile fu catturato, ucciso e fatto a pezzi. Proprio in quell’anno, fu accorpato a Camerota il borgo di Licusati, che ne è ancora una frazione.

La Camerota collinare custodisce ancora parte delle mura, con Porta di Susa, una delle tre antiche di accesso. Con il fossato e resti importanti del castello, sottoposti di recente ad un accurato restauro. Caratteristiche di Camerota sono le botteghe degli artigiani dell’argilla, che usano ancora il tornio a pedale e tecniche ancora più antiche di lavorazione. Il Museo della Civiltà contadina e dell’artigianato rende omaggio anche alla loro maestria.

Le frazioni

La profusione di macchie di lentisco ha dato il nome a Lentiscosa, la frazione immersa in un paesaggio di grande valore naturalistico che custodisce testimonianze preziose della presenza dall’VIII secolo dei monaci basiliani del cui monastero restano alcuni ruderi fuori dal borgo. Splendidi affreschi, ispirati all’iconografia orientale adornano la cappella di Santa Maria ad martyres, vero capolavoro dell’arte bizantina. Identificata dalla cupola di maioliche colorate e da una inconsueta architettura moresca è la chiesa di Santa Maria delle Grazie, da visitare come il panoramico seicentesco santuario di Santa Rosalia, con una reliquia della Santa e una statua di scuola napoletana sempre del XVII secolo.

Tanti ulivi, antichi, della pregiata varietà Pisciottana, da cui si estrae olio Dop. A Licusati è protagonista l’agricoltura di eccellenza del territorio. Nel borgo, che esibisce i palazzi nobiliari e la bella chiesa di San Marco, è possibile un itinerario inconsueto tra frantoi di diverse epoche, quai tutti funzionanti: dal più antico del Seicento a quello ottocentesco ad acqua, fino ai più moderni per la spremitura a freddo.

Più popolosa della Camerota collinare è la frazione di Marina di Camerota, famosa per le sue splendide spiagge e le baie che si alternano nell’affascinante ricamo roccioso della costa cilentana, valorizzata con il suo mare dall’Area Marina Protetta Costa degli Infreschi e della Masseta. A proteggere il borgo sul mare nei secoli sono state le tre torri del Poggio, dell’Isola e dello Zancale. In una insenatura la centro del paese è adagiato il porto, a breve distanza dal quale si trova il castello settecentesco, costruito per volere dell’ultimo feudatario Orazio Marchese come residenza estiva, acquisito negli anni passati dal Comune. Comune.