Ostriche dall’allevamento sull’altro lato del lago e pesci prelibati catturati nel mare, oltre la duna sabbiosa.

Fu una tavola riccamente imbandita ad accogliere gli ospiti nel salone circolare, inondato dalla luce proveniente dalle grandi vetrate affacciate sull’acqua. Era una giornata di primavera, il 15 maggio 1819, quando re Ferdinando condivise la mensa con l’imperatore Francesco II d’Asburgo Lorena e la sua regale consorte. Furono i primi ospiti a trascorrere un soggiorno nella Casina Reale sul Fusaro dopo le vicissitudini del regno tra la Repubblica Napoletana del 1799 e il Decennio francese. Altri lauti pranzi e sontuosi ricevimenti sarebbero seguiti in quella sala, che accolse ancora  quegli ospiti e altri non meno illustri del regno borbonico: il principe di Metternich, i principi di Sassonia, l’arciduchessa Carolina e poi lo zar e la zarina nel 1848 e il re di Prussia nel 1859. 

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La Casina Reale sul lago aveva tutte le caratteristiche per essere una residenza di rappresentanza, riservata agli ospiti più in vista del regno borbonico. La costruzione rococò era un vero gioiello dell’architettura, che andava ad arricchire il già cospicuo patrimonio delle Reali Delizie di cui i Borbone erano i promotori e i principali fruitori. Tanto più in questo caso, visto che era stato proprio Ferdinando IV a volere la realizzazione di un “rifugio” sul lago che già suo padre Carlo frequentava per battute di caccia e di pesca. Prima della casina, il re aveva fatto reimpiantare nel Fusaro una florida attività di coltivazione di mitili e di ostriche, alla quale erano funzionali gli edifici costruiti sulle rive da Luigi Vanvitelli. Uno, il Barraccone, serviva per tenere al coperto le imbarcazioni reali e gli attrezzi da pesca; il secondo, detto Cassone,  era dotato di vasche di canne per tenere vivi i pesci catturati per la vendita. 

Un vecchio ripostiglio per attrezzature da pesca si trovava pure su un’isoletta vicino alla riva. E fu in quel punto che l’architetto Carlo Vanvitelli decise di realizzare il desiderio del re e della sua consorte morganatica Lucia Migliaccio, duchessa di Floridia. Era il 1782 quando furono avviati i lavori di costruzione della casina destinata a rimanere nella storia. Inglobando l’isolotto originario, il delizioso padiglione sembrava sorgere dal lago. Di forma ottagonale, su due livelli, con ampi terrazzi e grandi vetrate, il nuovo edificio era in totale armonia con l’ambiente circostante. E divenne uno dei luoghi prediletti dal sovrano, anche per accogliervi gli ospiti di maggior riguardo fuori dalla capitale. 

Fu Phillip Hackert a dipingere la nuova casina nel quadro Ferdinando IV a caccia di folaghe nel lago Fusaro, custodito nel museo di Capodimonte. Per l’arredo interno, il primo pittore di corte dipinse quattro grandi tele raffiguranti le Quattro stagioni, collocate nel salone centrale di fianco alle vetrate. Come altri pezzi pregiati, scomparvero durante i saccheggi del 1799. Ma tornò presto ad essere luogo di soggiorno per i re, tutti i Borbone, ma anche i Savoia Umberto I e Vittorio Emanuele III e, negli anni ’50 del secolo scorso, il presidente della Repubblica Luigi Einaudi. Intanto, nel 1921, il padiglione era stato collegato alla riva da un ponte di legno, che ancora oggi ne rappresenta l’accesso.

La casina è stata restaurata e restituita alla pubblica fruizione nel 1991. Se all’esterno ha recuperato il suo aspetto originario, all’interno degli antichi arredi sono rimasti solo il lampadario di vetro di Murano, il tavolo con la conchiglia simbolo dei Borbone e il camino con la cornice in marmo verde di Prato, tutti nel salone circolare del primo piano. Dove sono state collocate anche delle stampe digitali delle Quattro Stagioni di Hackert. Sede di mostre e manifestazioni culturali, la casina del Fusaro può essere visitata nei fine settimana.