Un secolo fa, nel 1922, alcuni operai edili erano intenti a realizzare lo scavo di fondazione per un nuovo edificio in una zona non lontana dal famoso anfiteatro di Capua.

Nel procedere dei lavori si imbatterono in una struttura certamente antica, adorna di dipinti dai colori vividi e ben conservati. Non ci volle molto agli esperti per capire di cosa si trattasse. In quello spazio sotterraneo, risalente all’epoca romana, erano concentrati tutti gli elementi legati al culto del dio Mitra, di cui si conosceva la diffusione nella zona. Non a caso, c’era anche la sua immagine scolpita tra quelle delle divinità raffigurate nelle chiavi d’arco del vicino anfiteatro. E tra i gladiatori orientali che vi combattevano, è probabile che vi fossero dei devoti alla divinità indo-persiana. Insomma, si trattava di un Mitreo, databile alla fine del I secolo d.C., dunque il più antico rinvenuto in Occidente, ma soprattutto il meglio conservato tra quelli giunti fino a noi. 

Aperto al pubblico del 1937, vi si accede da una scalinata che scende fino un corridoio, originariamente l’anticamera del santuario sotterraneo, composto da una sala rettangolare di dodici metri per tre, con pavimento in cocciopesto e inserti marmorei e una volta a botte con dei lucernari. La volta di colore giallo presenta delle stelle rosse e verdi dipinte, con pasta vitrea rilucente al centro, per dare l’impressione di un cielo stellato. Sui lati lunghi della sala si trovano dei sedili di pietra su cui prendevano posto gli adepti e nelle pareti erano poste delle piccole vasche per le abluzioni rituali. I dipinti murali raffiguravano i sette livelli di iniziazione che i fedeli erano chiamati a superare per raggiungere la perfezione. Sulla parete a sud si trova un bassorilievo di marmo raffigurante Eros che conduce Psiche verso la luce.

Elemento fondamentale e centrale, sulla parete di fondo della sala al di sopra dell’altare, è il grande affresco della Tauroctonia, dipinta in tutti i luoghi di culto mitraici. In quello di Capua, che è ancora in ottime condizioni, sono presenti, ben visibili e leggibili, tutti gli elementi simbolici distintivi di quel tipo di raffigurazione. Sullo sfondo di una parete rocciosa, c’à il dio Mitra, con il suo distintivo berretto frigio rosso, l’abito orientale rosso bordato di verde e d’oro e un mantello rosso ma all’interno azzurro a rappresentare la volta celeste. Il dio pugnala al collo il grande bue sacrificale bianco, il cui occhio esprime tutto il terrore della vittima. Particolare che conferisce un valore artistico, oltre che rituale, all’opera. In alto, a sinistra c’è il Sole, con il mantello rosso e il corvo, a destra la Luna con la falce e il mantello svolazzante. Sempre la Luna, su una biga con un cavallo bruno e uno chiaro è affrescata sulla lunetta della parete a est. Nella Tauroctonia compaiono anche, in basso, a sinistra Oceano e a destra la Terra con la capigliatura verde che evoca la Natura. Sempre nel registro inferiore del dipinto si trovano i tre animali simbolici che accompagnano il sacrificio del toro: il cane, il serpente e lo scorpione. Non mancano i due portatori di fiaccole: Cautes, a sinistra, con la fiaccola sollevata a ricordare l’equinozio di primavera e, a destra, Cautopates, con a fiaccola abbassata a simboleggiare l’equinozio d’autunno. E Mitra era la divinità collegata agli equinozi. A completare la complessa rappresentazione, ci sono gli spiriti legati al luogo. Portatori di fiaccole con ramoscelli sacri, usati dai sacerdoti persiani, sono poi dipinti sulle pareti laterali all’ingresso. 

Lo spazio ipogeo di Capua fu frequentato dai seguaci di Mitra fino al IV secolo d.C.

Oggi può essere visitato facendosi accompagnare dal personale in servizio presso il vicino Anfiteatro.