(l’amaro) è lo pseudonimo di Aleksej Maksimovič Peškov, che nacque a Niznij Novgorod il 28 marzo 1868. Rimasto orfano da piccolo, fu cresciuto dalla nonna alla cui morte, appena diciannovenne, tentò il suicidio, per poi mettersi in viaggio a piedi per cinque anni, raggiungendo ogni angolo della Russia e facendo i più diversi lavori per mantenersi.

Maksim Gorkij capriIniziò poi a scrivere da giornalista dell’amara realtà del paese che imparava a conoscere e da cui trasse l’idea per il suo pseudonimo. Quella realtà ispirò le storie dei romanzi e dei drammi che gli diedero il successo e lo portarono a entrare all’Accademia russa delle Scienze, da dove fu espulso perché le sue frequentazioni con i rivoluzionari e la notorietà di cui godeva avevano cominciato a preoccupare lo zar Nicola II.

Arrestato e inviato al confino in Crimea, fu poi liberato e andò in esilio volontario in Italia, a Capri.

Era il 1906, l’anno del suo capolavoro La madre, che segnò la nascita del realismo socialista. Nel 1905 aveva conosciuto Lenin, che appoggiò nel 1907 al congresso del partito bolscevico a Londra. Ma il loro rapporto si rafforzò proprio a Capri, dove lo ebbe ospite nel 1908 e poi nel 1910. Lì Gorkij era fondatore e animatore di una Scuola di tecnica rivoluzionaria in cui passarono tutti i fuoriusciti russi in Italia e anche per la scrittura fu un periodo particolarmente prolifico.

Accompagnato dalla sua compagna, l’attrice Marija Fedorovna Gelabuskaja, viveva all’inizio a Villa Blaesus affacciata sui Faraglioni, per poi spostarsi a Villa Behring e poi a Villa Serena oggi Villa Pierina, case più grandi per accogliere i suoi connazionali. Si manteneva con le collaborazioni con i giornali, oltre a dedicarsi alla pesca a cui lo avevano istruito i pescatori locali con i quali aveva subito familiarizzato. Intanto intratteneva rapporti epistolari con numerosi scrittori russi e italiani e diversi esponenti dell’intelligentia europea andavano a trovarlo.

Tornato in Russia, partecipò alla Rivoluzione e dopo l’affermazione bolscevica fondò una casa editrice, Letteratura universale. Ma la tubercolosi lo costrinse a lasciare di nuovo la Russia per un clima più favorevole. Sempre in Italia meridionale, stavolta la destinazione fu Sorrento, dove si fermò dal ’24, l’anno della morte di Lenin, al 1933, continuando senza sosta l’attività di scrittore, sotto lo stretto controllo della polizia fascista. Morì a Mosca il 18 giugno 1936.