Ė una notte particolare. Legata al solstizio d’estate e a culti antichi e ritualità magiche che evocano simbolicamente l’albero di noce.
Ed è la notte in cui vanno raccolte a mano le noci esposte alla rugiada da destinare alla preparazione di un liquore anch’esso antico, noto come nocino o nocillonei dialetti campani. Un rosolio di colore scuro, molto alcolico con i suoi 40 gradi, che si ricava dalle noci ancora verdi, con un guscio morbido che forma un tutt’uno con il gheriglio interno e il mallo verde. La scelta di quella nottata non è solo rituale, tramandata nel tempo per tradizione, ma corrisponde allo stato del frutto più favorevole alla produzione del liquore. Infatti, è solo in quella fase che le noci sono più ricche di oli essenziali e di vitamine e contemporaneamente prive di acqua. Chi non riesca a fare la raccolta in quella notte o nella giornata seguente, ha ancora la possibilità di farlo solo fino al 30 giugno, perché oltre le noci non sarebbero più adatte alla trasformazione. Sebbene, alla luce dei cambiamenti climatici che cominciano a manifestarsi, in varie zone si sia deciso di anticipare la raccolta.
Le ventiquattro noci verdi, raccomandate e complete di tutte le loro parti, vengono tagliate a metà e messe a macerare nell’alcol per trenta o quaranta giorni in bottiglie di vetro chiuse ed esposte al sole. Il liquido, agitato più volte in quel periodo di tempo, deve essere poi filtrato, per diluirlo a freddo con uno sciroppo, ottenuto con acqua sterilizzata, zucchero e diverse spezie: chiodi di garofano e cannella, a cui a seconda delle ricette familiari vengono aggiunti chicchi di caffè – freschi o tostati – e noce moscata. Il liquido ottenuto deve riposare un paio di mesi, prima di servirlo come liquore e berle.
Per inciso, il nocillo, ancorchè diffuso in tutta la Campania come gli alberi di noce, ha avuto origine nelle zone interne, dunque nel Sannio e in Irpinia. Mentre oggi è riconosciuto come Pat, Prodotto Agroalimentare Tradizionale.
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