Il rapporto tra uomo e ambiente naturale, con le sue molteplici implicazioni e in relazione al tema nodale della tutela della biodiversità, è stato al centro del secondo incontro con Nino Martino, esperto di aree protette e direttore tecnico di Aigae (Associazione italiana guide ambientali ed escursionistiche), nell’ambito di Isole verdi, il corso di formazione per operatori turistici promosso dall’Area Marina Protetta Regno di Nettuno. 

Ape

Un incontro iniziato dalla definizione di capitale naturale, ovvero “l’intero stock di beni naturali – organismi viventi, acqua, aria, suolo e risorse geologiche – che contribuiscono a fornire beni e servizi di valore, diretto o indiretto, per l’uomo e che sono necessari per la sopravvivenza stessa dell’ambiente da cui sono generati”. E la conservazione del capitale naturale e della biodiversità è allora da considerarsi il presupposto del mantenimento di società ed ecosistemi sani e in quest’ottica va valutata anche l’esplosione della pandemia da Covid 19. Sintomo eclatante dello stato di sofferenza del pianeta e testimonianza diretta ed inequivocabile dell’inteconnessione esistente tra la salute dell’uomo e quella dei sistemi naturali in cui vive. E del cui squilibrio è responsabile. Basti pensare che il tasso di estinzione con cui si calcola la perdita di diversità biologica, è superiore, oggi, da cento a mille volte della media delle estinzioni della storia.

Perciò la nostra sopravvivenza come genere umano passa attraverso l’impegno per una società più sana, giusta e prospera, nel rispetto degli equilibri naturali. Per questo obiettivo è necessario e urgente un cambiamento culturale radicale, profondo, di pari passo con l’affermarsi di un sistema economico che riconosca la centralità della natura nel futuro dell’umanità.

 Alberi

Gli obiettivi per salvaguardare il capitale naturale

L’Italia è tra i Paesi che hanno aderito alla Convenzione mondiale sulla Biodiversità e ha dato un contributo diretto per elaborare la strategia europea, volta alla concretizzazione degli obiettivi da raggiungere entro il 2030. Innanzitutto, c’è da rafforzare la rete Natura 2000, incrementando del 30 per cento il numero delle aree protette collegate, anche se i parchi sono una risposta all’emergenza di dover conservare specie e ambienti per la vita stessa dell’uomo, per studiarli e per consegnarli alle future generazioni. Mettere a dimora 3 miliardi di alberi in Europa, per contrastare le emissioni dannose e il processo di desertificazione. Ripristinare 2500 chilometri di fiumi, facendo marcia indietro rispetto alla cementificazione degli alvei che è tra le cause di esondazioni e dissesto idrogeologico. Ridurre l’inquinamento e l’uso dei pesticidi in agricoltura. Riqualificare le aree degradate nelle città e nei territori marginali spopolati dall’emigrazione. Ridurre di almeno il 30 per cento la tendenza di perdita di specie, habitat ed ecosistemi vulnerabili. Puntare sulle energie rinnovabili, come il solare termico, il fotovoltaico e anche l’eolico, magari offshore, per ridurne l’impatto in zone di alto valore paesaggistico.

 

Gli interventi di riqualificazione ambientale da realizzare

AlberiC’è da intervenire nelle città per reintegrarle nella natura, garantendo la continuità tra le aree naturali urbane e quelle rurali circostanti; moltiplicare i corridoi ecologici e le infrastrutture verdi, per esempio i tetti coperti di vegetazione o edifici come il bosco verticale di Milano; intervenire nelle aree industriali, soprattutto quelle di maggiore impatto ambientale; garantire la tutela delle sorgenti e delle acque, risorsa strategica anche nelle aree montane dove è più disponibile, ma dove i cambiamenti climatici impongono degli adattamenti; implementare le foreste in montagna e tutelare le zone umide; utilizzare la bioingegneria per bonificare aree inquinate da metalli pesanti con specie vegetali utili; incrementare l’agricoltura biologica e le produzioni familiari che riducono impatto ambientale e consentono di risparmiare risorse.

 

Lo stato di conservazione delle specie e degli habitat

Fanno certamente riflettere i dati che illustrano in tutta la sua drammaticità la perdita di diversità biologica che sta velocemente colpendo specie e habitat in ogni parte del pianeta.

L’avifauna registra 25 per cento di specie a rischio estinzione, mentre il 63 per cento è in cattivo o inadeguato stato di conservazione, con una concentrazione del rischio nelle zone umide e negli ambienti agricoli. Tante le cause che concorrono a questa situazione: perdita di habitat, pesticidi, caccia illegale.

Tra gli ecosistemi il 29 per cento è ad elevato rischio di scomparsa e il 39 per cento della superficie nazionale, cioè più di un terzo, presenta ecosistemi in pericolo.

L’ecosistema Posidonia con le sue foreste subacquee abbatte il 50 per cento dei patogeni nel mare, imprigiona il 10 per cento di carbonio e rilascia al contempo grandi quantitativi di ossigeno, a favore delle specie animali a cui offre riparo. Un valore ambientale altissimo, eppure la preziosa pianta del Mediterraneo conta sempre più numerosi e temibili nemici: eccessiva pressione antropica; eutrofizzazione; cambiamento climatico; ancoraggi. Le aree più critiche sono l’Adriatico meridionale e lo Stretto di Sicilia.

Le foreste, che in Italia coprono una superficie di 12 milioni di ettari, pari al 40 per cento della superficie nazionale, presentano nel 45 per cento una elevata biodiversità e assorbono grandi quantità di anidride carbonica a fronte di una grande produzione di ossigeno. Ma l’incremento annuale dello 0.2 per cento su scala nazionale è troppo basso per contrastare i rischi ambientali attuali ed è fondamentale riforestare e contemporaneamente riqualificare il patrimonio forestale esistente. E proteggerlo dai pericoli che lo minacciano: clima tropicale, incendi, tempeste di vento sempre più violente, epidemie, infestazioni di insetti nocivi.

Le foreste urbane sono il 7/8 per cento del verde cittadino e abbattono il 20 per cento del particolato prodotto da caldaie e motori; restano a rischio le aree periurbane per il continuo consumo di suolo. Sarebbe necessario implementare le foreste urbane e periurbane, mettendo a dimora altri alberi e rinaturalizzando spazi eccessivamente impermeabilizzati.

 Ape

Valutazione economica del capitale naturale

Negli ultimi anni è andato crescendo l’impegno per elaborare una valutazione economica del capitale naturale, anche per facilitare e diffondere la consapevolezza del suo valore, al di là delle sole considerazioni e valutazioni di ordine etico e culturale.

Quanto vale, per esempio, l’impollinazione a cui provvedono in Italia le api e gli altri insetti impollinatori? Ben 17,5 milioni di euro all’anno. Ed è stato trovato anche un corrispettivo economico per la biomassa legnosa, per la biomassa ittica e via elencando. Con questo criterio, il rischio idrogeologico provocato da allagamenti equivale a 14 miliardi, mentre il turismo verde può essere valutato in 4,3 miliardi di euro.

 pannelli solari

L’ambiente e il lavoro

Il capitale naturale è fonte di nuovi lavori, legati alla ricostruzione ambientale e all’economia circolare. È il motore insomma della cosiddetta green economy, l’economia verde. Per economia circolare, invece, si intende il modello economico ad impatto ambientale pari a zero, che in sè può sembrare un risultato utopico, ma che vale come obiettivo da perseguire, tentando di avvicinarvisi il più possibile. Mentre la restoration economy identifica il processo che aiuta un ecosistema a ristabilirsi dopo essere stato degradato, danneggiato o distrutto. Come la realizzazione di una cintura verde in Africa, con milioni di alberi piantati sul limite del deserto del Sahara per contrastare la desertificazione e la perdita di altre aree fertili. Ma anche incrementare le praterie di Posidonia sommerse.

 AREA MARINA PROTETTA DELLE ISOLE FLEGREE REGNO DI NETTUNO