Le fontane, oltre alla loro utilità pratica per l’approvvigionamento d’acqua, hanno sempre svolto una funzione tipicamente ornamentale e scenografica.
Perciò ne contiamo numerose in tutte le città e a Napoli ce ne sono diverse per epoca e stile. Il Barocco, per ovvi motivi, si servì moltissimo di questi manufatti artistici, che rappresentano una felice commistione tra architettura e scultura. Non a caso, tutti i principali scultori operanti a Napoli nel Seicento e Settecento si sono cimentati nella realizzazione o decorazione di almeno una fontana.
Una delle più importanti fontane della Napoli seicentesca è senz’altro la Fontana di Monteoliveto. Secondo la tradizione fu il viceré don Pietro Antonio d’Aragona a volere la costruzione di questa fontana per ingraziarsi i favori del nuovo sovrano, Carlo II, che quando salì al trono aveva solo quattro anni. I lavori iniziarono nel 1669 e vennero affidati ai marmorari Bartolomeo Mori e Pietro Sanbarberio, sotto la direzione di Donato Antonio Cafaro, allievo del grande Cosimo Fanzago.
Tuttavia, in corso d’opera si spense il Mori e i lavori conobbero una battuta d’arresto. Nel 1671 subentrarono Dionisio Lazzari e Giovanni Mozzetti. In fase di progetto, poi, la costruzione della statua che avrebbe dovuto rappresentare il re a cavallo fu affidata a Giovanni Maiorino e Giovanni D’Auria. Questi, però, alla scadenza prevista dei lavori, intorno al 1673, non avevano ancora ultimato l’opera e così la commissione passò nelle mani di Francesco D’Angelo, che insieme alla statua del sovrano doveva realizzare anche un leone con una palla tra le zampe. Nell’erezione della statua di Carlo II giocò un ruolo importante anche Cosimo Fanzago, che si occupò del disegno e della supervisione dell’opera, lavorando dunque a stretto contatto con il suddetto Francesco D’Angelo.
Ben presto, sorsero controversie anche con il D’Angelo, al quale inizialmente venne chiesto di raffigurare il re all’età di dodici anni, ovvero quella effettiva al 1673. In un secondo momento, però, i committenti cambiarono idea e vollero che l’effigiato fosse rappresentato a diciotto anni. Il problema fu superato con un maggior compenso all’artista.
La tormentata storia di questa fontana, poi, è caratterizzata anche da una disputa di certo non secondaria. Nella zona di Monteoliveto, infatti, si segnalavano da tempo problemi di approvvigionamento idrico. Così, gli abitanti della zona cominciarono a temere di vedere ridotta la propria fornitura d’acqua e si rese necessario sedare le proteste dei cittadini. Per ovviare a questo annoso problema, si dovette costruire un condotto per allacciare la Fontana di Monteoliveto alla Fontana Medina. I lavori, sia quelli di carattere logistico che quelli di carattere storico-artistico, terminarono solo nel 1676.
La Fontana di Monteoliveto ha una grande vasca polilobata a tre bracci, sui quali si erge un piedistallo di eguale forma con tre leoni che reggono tra le zampe anteriori gli stemmi reali, vicereali e quelli della città. Ai tre leoni si alternano tre bellissime aquile, poste all’interno di piccole vasche a forma di conchiglia. Al centro, si apprezza un basamento a forma di obelisco piramidale, che si rifà alle idee fanzaghiane che circolavano in città nel corso della seconda metà del Seicento. L’obelisco, decorato da mascheroni e volute, termina con una base triangolare su poggia la statua del re Carlo II, eseguita, come è stato detto, da Francesco D’Angelo su disegno di Fanzago.
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