Già nel X secolo a Salerno si insegnavano le discipline mediche con il contributo di studiosi di varie provenienze.
E questa molteplicità di origini e di apporti fu fondamentale per la crescita e l’accreditamento della Scuola, che divenne principale punto di riferimento per gli studi di medicina e attivissimo centro di elaborazione di teorie e pratiche mediche, conservando quel ruolo di primo piano, seppur con alterne fasi, per quasi nove secoli.
A studiare i testi degli antichi maestri fu anche l’abate e medico Alfano, che privilegiò un approccio filosofico alla medicina, com’era allora piuttosto normale, giovandosi non poco degli incontri con medici di formazione diversa. Come il cartaginese Costantino l’Africano, che aveva viaggiato in tutto il Mediterraneo e in Oriente, acquisendo una grande cultura e una solida preparazione medica. Giunto fortunosamente in Italia, si fermò proprio a Salerno, dove fu tenuto in grande considerazione dal primo signore normanno della città, Roberto il Guiscardo. Questi aveva accolto anche Alfano, il quale svolse un ruolo tanto delicato quanto determinante nel facilitare senza traumi il passaggio dal principato longobardo al nuovo assetto normanno. Grande amico di Desiderio, abate di Montecassino, che sarebbe diventato presto Papa Vittore III, fu Alfano a presentargli Costantino, che decise di farsi frate, ritirandosi a Montecassino, dove si dedicò alla traduzione in latino dei testi base di medicina frutto della cultura araba e dei grandi classici greci di Ippocrate e Galeno, di cui esistevano ormai solo versioni in arabo. Un’opera determinante per la Scuola e, più in generale, per l’avanzamento della scienza medica del suo tempo. Prezioso fu anche, da quel punto di vista, il contributo di Alfano, che tradusse opere dal greco a cui ne aggiunse di sue, tra cui un trattato sui quattro umori del corpo umano, che è tra i pilastri dell’elaborazione teorico-pratica della Scuola.
Nel XII secolo la Scuola rafforzò la sua attività di ricerca e di formazione di nuove generazioni di medici, anche proseguendo l’opera di recupero, traduzione e divulgazione di testi fondamentali greci, arabi ed ebraici (le stesse origini dei mitici fondatori). In quegli anni di grande fulgore, inoltre, produsse molti testi nuovi, specialistici, frutto delle osservazioni e delle esperienze di due figure professionali che allora si andavano differenziando: il medicus, che per la sua formazione filosofica e scientifica aveva il compito di insegnare, e il practicus, ovvero il chirurgo.
Con Federico II la Scuola Salernitana conobbe un altro periodo d’oro, giacchè fu valorizzata al massimo la sua funzione cardine nella politica a favore della salute pubblica inaugurata dall’imperatore, che nelle Costituzioni di Melfi del 1231 approvò la prima legislazione sulla sanità pubblica, assolutamente all’avanguardia. Tra l’altro, vi si codificavano le modalità di assunzione dei medici e dei professori medici e l’ordinamento degli studi di medicina, che prevedeva tre anni di logica e cinque di medicina e chirurgia, con l’anatomia resa materia obbligatoria. E per la prima volta erano stabiliti anche i diritti e i doveri del medico rispetto ai pazienti, compresi i costi di ogni prestazione, da erogarsi gratuitamente ai poveri.
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