Il recupero iniziò un secolo fa, con i primi scavi nell’area del teatro dell’antica Suessa, potente centro della Pentapoli Aurunca le cui prime testimonianze risalgono all’VIII secolo a.C.
Nel 313 o 312 a.C. divenne colonia romana e fu città particolarmente florida, in piena Campania felix, nella zona di produzione del famoso vino Falernum e in posizione favorevole rispetto alle grandi arterie di comunicazione e commerciali, la via Appia e la via Latina, che collegavano Roma al sud.
A dimostrare l’importanza di Suessa, c’era un grande teatro. Per realizzarlo in piena età augustea, nel 2 a.C. , com’era consuetudine fu sfruttata la naturale inclinazione di un’altura, ma un terremoto intervenuto nell’età antonina lo consegnò all’abbandono per qualche tempo.
La struttura che conquistò l’attenzione dell’archeologo Amedeo Maiuri cento anni fa era quella risalente al II secolo d.C., quando a promuoverne il recupero e l’ampliamento fu la cognata dell’imperatore Adriano, Matidia Minore, artefice anche di una biblioteca e di un acquedotto per la città. La ricca patrizia non badò a spese: per la costruzione furono impiegati pregiati marmi colorati da varie parti del bacino mediterraneo e marmi bianchi di Carrara. Il secondo teatro della Campania per grandezza , con una cavea di 110 metri di diametro capace di accogliere sei-settemila spettatori , vantava tre ordini di colonne ioniche, ben 84, e una scena lunga quaranta metri e alta venti. Al centro del colonnato c’era il sacellum dedicato al culto imperiale. L’ingresso settentrionale era adorno di un affresco giunto fino a noi. Numerose anche le statue di marmo di divinità, tra le quali una della ninfa Aura, rara per l’uso del marmo bianco e nero, con le fattezze di Matidia Minore.
Dopo la riscoperta del teatro, completamente abbandonato e spoliato dei suoi marmi pregiati fin dal IV secolo d.C., riemerse anche un criptoportico dalla funzione ancora misteriosa. La presenza di diverse iscrizioni in greco e latino, anche con versi virgiliani, ha fatto ipotizzare che potesse trattarsi di un gymnasium.
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