Il più bel museo di provincia italiano” (Amedeo Maiuri)

La passione per le arti trasmessa in famiglia avevano potuto coltivarla e affinarla fin da bambini.

E da adulti non avevano trascurato di visitare musei in giro per l’Europa e di continuare ad arricchire le già importanti collezioni messe insieme da generazioni di Correale, conti di Terranova. Perciò, quando nel 1877 Napoli aveva ospitato l’Esposizione nazionale di Belle Arti, i fratelli Alfredo e Pompeo, noti in città per i loro interessi culturali e piuttosto inclini alla vita mondana, non avevano mancato di partecipare all’evento.

Fu in quell’occasione che maturarono l’idea di lasciare la loro bella villa di villeggiatura in Penisola, con tutto il suo prezioso contenuto, al comune di Sorrento, per crearvi un museo a loro nome. Scapolo Pompeo, sposato con Angelica De’ Medici Alfredo, nessuno dei due aveva figli e, dunque, il lascito alla città di cui era originaria la loro famiglia era l’unico modo per evitare la dispersione del cospicuo patrimonio artistico, tramandato da una generazione all’altra dei Correale da qualche secolo.

Pompeo morì nel 1900 e il fratello seguì nel 1902, l’anno in cui fu creata la Fondazione Correale da Terranova, in seguito trasformata nell’Ente autonomo che gestisce l’eredità dei Correale: Villa alla Rota, scrigno di arte e bellezza, insieme al giardino circostante e a un terreno da cui trarre i fondi per il mantenimento del museo. Che fu inaugurato il 10 maggio del 1924.

È una prestigiosa dimora storica, quella donata dai fratelli Correale. Costruita nel Settecento in una zona centrale di Sorrento e in posizione panoramica, ha tre piani più un sottotetto. A pianta rettangolare, sul prospetto principale presenta due corpi laterali avanzati e un corpo di fabbrica centrale caratterizzato da due file di archi sovrapposti, ciascuna a tre campate con archi listati. Lo stemma dei Correale è in evidenza sulla chiave di volta dell’arco centrale. All’interno, conta ventiquattro stanze, tutte destinate a spazio museale. Vi sono rimasti i mobili originari, le opere d’arte e le collezioni dei conti di Terranova, ma nel tempo l’esposizione si è arricchita di altri oggetti d’arte, grazie a ulteriori donazioni. Ben diecimila pezzi, con non poche rarità e importanti reperti archeologici.

Al piano terra, la Sala dei Fondatori mostra i ritratti di Alfredo, della moglie Angelica e di Pompeo, con l’albero genealogico della famiglia, originaria di Scala, in Costiera Amalfitana e presente a Sorrento dal XIII secolo. Nella stessa sala sono esposti due manoscritti autografi di Torquato Tasso e antiche edizioni della Gerusalemme Liberata. La zia di Torquato, Ippolita De’ Rossi, sorella dell’amatissima madre Porzia, faceva infatti parte della famiglia, avendo sposato nel 1535 Ippolito Correale. Gli arredi propongono pezzi molto pregiati del Sei-Settecento napoletani e intarsiati di gusto fiammingo. La piccola cappella gentilizia accoglie una Annunciazione su tavola del XV secolo di scuola fiamminga. 

La seconda sala è il regno della rinomata tarsìa sorrentina. Fu il cavaliere Silvio Salvatore Gargiulo a donare al museo nel 1937 la sua vasta collezione di mobili intarsiati dell’Ottocento, primo Novecento. C’è anche una di collezione di apparecchi fotografici ottocenteschi molto rari e una serie di dipinti a olio tratti da stampe ottocentesche raffiguranti l’antica Sorrento.

Le altre sale ospitano le testimonianze archeologiche della storia più antica della Penisola: dai bronzetti preistorici ai vasi attici, dagli oggetti provenienti dalle necropoli numerosi reperti di età imperiale. Tra questi un’ara marmorea scolpita sui lati con episodi dell’inaugurazione del tempio di Vesta sul Palatino, al centro della quale doveva essere posta una statua di Augusto e altre pregevoli statue di marmo. Al periodo medievale, provenienti dall’antica cattedrale di Sorrento, appartengono frammenti di plutei, amboni scolpiti a pegasi, grifoni e aquile del IX –XII secolo.

Si sale ai piani superiori attraverso uno scalone d’onore, posto nella parte sinistra dell’atrio, disegnato nel Settecento dal Regio ingegnere Giovanni Battista Nauclerio, con balaustre di piperno decorate da volute a chiudere i ballatoi.

Al primo piano è collocata una interessante pinacoteca, con opere del Sei-Settecento. Si segnalano le quattro tele con le Teste di Apostoli di Giovanni Lanfranco e la Maddalena penitente attribuita a Artemisia Gentileschi. Poi la Benedizione di Isacco e La cena in Emmaus di Alfonso Rodriguez, la Deposizione di Andrea VaccaroLa fiera e Il porto di sera di Micco Spadaro, specializzato nelle raffigurazioni della vita a Napoli. E ancora opere di Paolo De Matteis, Giacomo del Po, Giuseppe Bonito, Belisario Corenzio, Giuseppe Pascaletti, Francesco De Mura. Nelle varie sale sono esposti altri mobili di raffinata fattura e oggetti d’arte, compresa una collezione di porcellane cinesi del XVIII secolo. La Sala delle Specchiere, che prende il nome dai mobili con specchiere che vi si trovano, presenta la serie di ritratti di varie generazioni di Correale. La curiosa Sala del Biribisso è dedicata al gioco d’azzardo in voga tra i nobili nel periodo Cinque-Settecento. L’ultima sala offre una bella selezione di autori fiamminghi: dall’Interno della Cattedrale d’Anversa di Abel Grimmer del 1584 a uno Studio di teste attribuito a Anton Van Dyck e poi Sweerts e Van Kassel

Il secondo piano è in gran parte riservato all’arte pittorica. Intanto, all’ingresso c’è la riproduzione di un caratteristico arredo da farmacia napoletano del Settecento. Le prime sale accolgono dipinti tra il XVII e il XIX secolo: le nature morte di Giovan Battista Ruoppolo, Tommaso Realfonso Aniello Ascione, Giovan Battista Casissa, e Gaetano Cusati. L’intera Sala 16 è dedicata al musicista e scenografo Andrea Belvedere del XVII secolo. Di notevole interesse le collezioni di vetri di Murano e cristalli di Boemia e di argenti settecenteschi. Le sale successive sono il trionfo del “vedutismo” tra Sei-Ottocento con dipinti di Gaspar Dughet, Simon Denis, Frans Vervloet.

La Sala 19 è tutta per la Scuola di Posillipo: Anton Sminck Pitloo prima di tutti e poi Filippo Palizzi, Raffaele Carelli e Michele Cammarano e Théodore Duclère, insegnante di disegno dei fratelli Correale come Giacinto Gigante, le cui opere sono protagoniste nella Sala 20. Segue la Sala degli Orologi con una ricca collezione di orologi e pendole antichi insieme ad altre collezioni. Di notevole pregio quella di pastori dei presepi, con figurine dei maggiori artefici del Settecento a Napoli, tra cui Giuseppe Sammartino

Il terzo piano accoglie una magnifica collezione di porcellane di Capodimonte e delle altre fabbriche italiane ed europee del XVIII secolo. E ultima arrivata tra le collezioni del museo, quella di ventagli dal XVIII al XX da vari provenienze e di vari stili.

Da non perdere, al piano terra, anche la biblioteca del 1918, aperta nel marzo 1924, con i suoi seimila volumi e i quattrocento manoscritti dal ‘600 su letteratura, botanica, storia sorrentina, medicina e archeologia della Campania, Vi si conserva anche la maschera mortuaria di Tasso. 

Intorno alla villa, il giardino non è meno interessante. L’impianto originario comprende esemplari storici di Araucaria excelsea e Choriza speciosa, un boschetto di  vari specie di camelie, l’agrumeto. Un viale di platani conduce al terrazzo belvedere affacciato sul panorama da sogno del Golfo di Napoli.