Ė uno degli archi romani meglio conservati al mondo, che rende omaggio in ogni millimetro dei suoi straordinari bassorilievi di marmo alle gesta militari e alla munificenza dell’imperatore Traiano, artefice tra il 108 e il 110 dell’Appia Traiana, un’alternativa più comoda all’Appia Antica per raggiungere Brindisi, passando per l’Apulia pianeggiante e luogo la costa.
E l’arco venne eretto nel 114, in occasione dell’apertura della nuova arteria, che rendeva Benevento ancora più centrale nella rete delle comunicazioni del versante adriatico con Roma.
Alto quasi sedici metri e largo più di otto, con un solo fornice, su ogni facciata mostra quattro semicolonne agli angoli dei piloni che sostengono la trabeazione. Al di sopra, si trova un attico con un ambiente dalla volta a botte, costruito in blocchi di pietra calcarea coperti da opus quadratum di marmo pario. Sulla facciata che guarda verso la città, le sculture trattano il tema della pace, mentre sul lato che guarda la campagna si celebrano la guerra e le provvidenze elargite dall’imperatore. Traiano è raffigurato mentre è accolto dalla Triade capitolina e al Foro Boario. Il fregio sulla trabeazione, invece, illustra la spedizione vittoriosa sui Daci. Altri pannelli sono dedicati alle allegorie del potere imperiale. Ai lati interni del fornice, i pannelli scolpiti raffigurano, a sinistra, il sacrificio per l’inaugurazione della via Traiana e, a destra, l’istituzione da parte del sovrano degli alimentaria per i fanciulli beneventani. Sulla volta a cassettoni, l’immagine dell’imperatore appare incoronata da una Vittoria.
Quando edificò la cinta muraria a protezione della città, nel VI secolo, Arechi vi inglobò l’arco romano come porta cittadina, chiamata Port’Aurea. Fu il papa Pio IX a dare l’avvio ai lavori per restituire al monumento la sua evidenza originaria, cominciando ad abbattere la sopraelevazione all’attico. Scampato alle bombe del 1943 grazie ad una protezione fino alla sommità con sacchi di sabbia, l’arco fu restaurato e riportato al suo originario splendore, come lo si ammira ora.
Nella vicina chiesetta sconsacrata longobarda di Sant’Ilario è aperto al pubblico il museo “I racconti dell’Arco”.
Alto quasi sedici metri e largo più di otto, con un solo fornice, su ogni facciata mostra quattro semicolonne agli angoli dei piloni che sostengono la trabeazione. Al di sopra, si trova un attico con un ambiente dalla volta a botte, costruito in blocchi di pietra calcarea coperti da opus quadratum di marmo pario. Sulla facciata che guarda verso la città, le sculture trattano il tema della pace, mentre sul lato che guarda la campagna si celebrano la guerra e le provvidenze elargite dall’imperatore. Traiano è raffigurato mentre è accolto dalla Triade capitolina e al Foro Boario. Il fregio sulla trabeazione, invece, illustra la spedizione vittoriosa sui Daci. Altri pannelli sono dedicati alle allegorie del potere imperiale. Ai lati interni del fornice, i pannelli scolpiti raffigurano, a sinistra, il sacrificio per l’inaugurazione della via Traiana e, a destra, l’istituzione da parte del sovrano degli alimentaria per i fanciulli beneventani. Sulla volta a cassettoni, l’immagine dell’imperatore appare incoronata da una Vittoria.
Quando edificò la cinta muraria a protezione della città, nel VI secolo, Arechi vi inglobò l’arco romano come porta cittadina, chiamata Port’Aurea. Fu il papa Pio IX a dare l’avvio ai lavori per restituire al monumento la sua evidenza originaria, cominciando ad abbattere la sopraelevazione all’attico. Scampato alle bombe del 1943 grazie ad una protezione fino alla sommità con sacchi di sabbia, l’arco fu restaurato e riportato al suo originario splendore, come lo si ammira ora.
Nella vicina chiesetta sconsacrata longobarda di Sant’Ilario è aperto al pubblico il museo “I racconti dell’Arco”.
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