La torre di pietra mutilata dal tempo sembra vegliare ancora, protettiva, sul borgo che le gira tutt’intorno lungo i fianchi dell’altura che domina la valle d’Ansanto.
A 750 metri di altezza, garantiva un tempo il controllo di un lungo tratto del confine, naturalmente segnato dal fiume Fredane, tra i due Principati longobardi di Benevento e di Salerno. Era il IX secolo e presto, intorno alla fortezza, cominciò a sorgere un villaggio ad opera degli abitanti provenienti dalla valle, desiderosi di mettersi al sicuro da attacchi e incursioni nemiche. Nacque così Rocca San Felice, dal nome del castello e del Santo protettore. Un borgo collinare medievale, che il trascorrere dei secoli non ha stravolto, accrescendone piuttosto la particolarità e il fascino legati all’origine antica.
Incastonato nell’Alta Irpinia, il borgo è formato da case basse, interamente di pietra locale, con caratteristici abbellimenti, disposte lungo vicoli stretti con archi e scorci pittoreschi. Luogo d’incontro e punto di riferimento della piccola comunità residente è la piazza, anch’essa intitolata a San Felice, in cui spicca un grande albero di tiglio, monumento verde piantato nel 1799, dunque figlio della Rivoluzione Napoletana. Sul largo affaccia il loggiato di archi di pietra del Palazzo Antonellis-Villani, uno dei numerosi palazzi nobiliari all’interno dell’abitato, e una fontana monumentale. Nei pressi si trova anche il Museo civico, dedicato a don Nicola Gambino, con reperti archeologici di recente ritrovamento.
Per salire sulla sommità della collina si percorrono re muredde, una serie di scalinate delimitate da muri di pietra. Conducono alla chiesa madre di Santa Maria Maggiore. Edificata nell’XI secolo e corredata di un alto campanile, venne rasa al suolo dal terremoto del 1980. Ė stata poi interamente ricostruita e riaperta ai fedeli nel 1991. Custodisce un pregevole Crocifisso ligneo del Settecento e statue, sempre lignee, di San Felice patrono, della Madonna di Costantinopoli, di San Giuseppe, San Vito, San Vincenzo e San Francesco di Paola.
La salita prosegue fino al quanto resta del castello: il torrione principale e resti delle torrette di avvistamento e di una cisterna, una delle porte di accesso. Citato per la prima volta in un documento del 1150 come possedimento di Ruggiero di Castelvetere, nel 1236, in piena epoca normanna, vi fu imprigionato il figlio dell’imperatore Federico. Dal 1440 ne furono signori i Saraceno e i Caracciolo, poi i Reale. Giovan Battista alla fine del XVI secolo assunse il titolo di barone di Rocca San Felice. Seguirono altre famiglie fino all’eversione della feudalità nel 1806.
Il borgo accoglie anche una Cappella di Maria Santissima di Costantinopoli, dove è custodito un pregevole quadro dell’inizio del Seicento raffigurante la Madonna che allatta il Bambino con una città in fiamme sotto i piedi della Vergine. Ancora più antico è il Santuario di Santa Felicita. A costruirlo nel IV secolo fu San Felice di Nola nel luogo in cui si praticava il culto pagano di Mefite, collegato al lago ribollente della valle d’Ansanto. L’edificio sacro originario fu distrutto dai terremoti del 1688 e del 1694 e ricostruito una prima volta a fine Seicento e poi ancora nel 1928, per i danni subiti durante la Prima Guerra Mondiale.
Ph: Fabio Lettieri
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