Dall’altura di cui occupa la sommità, il castello di Gesualdo domina maestoso la valle del Calore.

E veglia protettivo sul borgo di pietra che gli crebbe intorno nel Medio Evo, fasciando interamente i fianchi della collina fino ai fertili terreni della pianura sottostante.Una posizione strategica preziosa per i Longobardi, i primi artefici della rocca forse già nel VI secolo, grazie al prode Sessualdo o Gesualdo che, oltre a darle il nome, ne fu il primo signore. E fondamentale si rivelò quel presidio per la difesa dei confini meridionali del Principato di Benevento tre secoli più tardi, quando qualche studioso ne fissa per quel motivo la reale fondazione, per volontà dell’allora principe Radelchi.

A trarne vantaggio furono anche i nuovi dominatori normanni. Fu Guglielmo d’Altavilla, figlio naturale di Ruggero il Normanno, a trasformarlo in fortezza, potenziandone le caratteristiche difensive che ne fecero un castrum di primo piano nel sistema di fortificazioni del tempo. Intanto, dal 1078, al di fuori del maniero, aveva cominciato a svilupparsi l’abitato, che avrebbe continuato a espandersi tutt’intorno nei secoli seguenti. Dominio per cinque secoli della nuova stirpe dei Gesualdo, discendente da Ruggero. Stirpe a cui appartenne Carlo Gesualdo, il personaggio più famoso della storia del castello e del borgo, che infatti ha mutuato da lui la definizione di Città del principe dei musici.

Così era stato ribattezzato dai suoi contemporanei Carlo da Venosa, autore prolifico di madrigali e composizioni anche sacre, considerato padre della musica polifonica e antesignano di Monteverdi, molto apprezzato e valorizzato da autori del Novecento, che gli hanno dedicato brani e opere. Raffinato musicista, Carlo fu autore di un delitto cruento passato alla storia: il duplice omicidio della moglie Maria d’Avalos e del suo amante Fabrizio Carafa, colti in flagranza di adulterio nel palazzo di famiglia nel centro di Napoli. Anche se non subì alcuna conseguenza per il suo crimine, Carlo fu costretto a fuggire da Napoli per non incorrere nella vendetta delle potenti famiglie delle due vittime. E così si mise in salvo nel castello avito di Gesualdo, che era stato ricostruito nel 1470 dopo i danni subiti durante la guerra franco-spagnola. Lì poté dedicarsi completamente alla musica, oltre a far erigere chiese e conventi nel paese per espiare il suo delitto. Quando qualche anno più tardi si sposò di nuovo con Eleonora d’Este, decise di convertire il castello dalla sua originaria funzione difensiva a quella residenziale, facendone una prestigiosa dimora, che dotò anche di un teatro, per rappresentarvi le sue opere, e di una stamperia per produrre i suoi libri. Fu, quello, un periodo di massimo fulgore per il borgo irpino e il suo castello/palazzo, dove il compositore ospitava amici artisti e letterati, tra i quali l’assiduo Torquato Tasso

Alla scomparsa di Carlo, il cui figlio ed erede era morto poco prima, finì nel 1613 la dinastia dei Gesualdo e il borgo passò ai Ludovisi. Il marito di sua nipote Isabella, Niccolò, proseguì l’opera di ristrutturazione del palazzo e di sistemazione del borgo. Il sisma dell’8 settembre 1694 fece crollare il terzo piano, ci pensarono poi le truppe francesi a dargli il colpo di grazia nel 1799. Così il maniero versava in un pessimo stato quando, nel 1855, fu acquistato dalla famiglia Caccese, che ne riorganizzò gli spazi interni e provvide al collegamento con piazza Neviera e, dunque, con il resto dell’abitato. Il sisma del 1980 produsse ancora danni ingentissimi alle strutture, che nel 1913 erano state messe sotto tutela. Divenuto proprietà del Comune di Gesualdo e della Provincia di Avellino, il castello è stato sottoposto all’inizio di questo secolo a un accurato restauro, che ha consentito l’apertura al pubblico nel 2015 del cortile e dell’ala sud-est. 

IL CASTELLO RESTAURATO E IL MUSEO

Dell’impianto del castrum normanno resta la pianta quadrilatera irregolare e i possenti bastioni, mentre le cinque torri cilindriche rinviano all’età angioina. L’accesso principale è posto a ponente, preceduto da un ingresso in cui i restauri hanno riportato alla luce anche l’affresco cinquecentesco di una Madonna con Bambino, mentre sulla volta a crociera è dipinto lo stemma dei Gesualdo-Ludovisi con un leone nero rampante. L’ingresso conduce nel cortile, al centro del quale è posto un pozzo decorato, dinnanzi alla facciata rinascimentale che reca l’iscrizione con cui Carlo Gesualdo si dichiara discendente di Ruggero il Normanno. La facciata presenta sul cortile tre arcate, da quella centrale si entra nel giardino pensile con il magnifico panorama della valle. Sempre dal cortile, attraverso una scala, si raggiungono la cappella e le stanze dell’ala sud-ovest. Al piano terra, si trovano anche la cucina e le stanze per la servitù, Al piano inferiore al cortile, invece, ci sono le cantine. Al piano nobile si arriva dal grande torrione attraverso una scala elicoidale; è al terzo   piano, poi, una loggia semicircolare affacciata sulla valle. Tutti ambienti che fanno parte dei rifacimenti cinquecenteschi voluti dal compositore, salvati dai rimaneggiamenti dei secoli successivi.

Attualmente, il castello può essere visitato e negli ambienti restaurati propone interessanti allestimenti multimediali sulla storia della fortezza e sulla musica di Carlo Gesualdo. A cui rende omaggio  il Centro europeo di Cultura Musicale, con una esposizione permanente degli strumenti del musicista, ricostruiti da una documentazione seicentesca: arciliuto, clavicembalo cromatico, chitarra, organo e tiorba, in mostra con partiture manoscritte e a stampa coeve e con una preziosa edizione dei libri di madrigali di Carlo Gesualdo proveniente dal conservatorio di San Pietro a Majella di Napoli. Vi è annessa anche una mostra di abiti d’epoca esattamente riprodotti da quelli in uso tra i nobili napoletani a fine Cinquecento.