Sembra il giochino delle associazioni di parole che facevamo da bambini. Ebbene,
io e Giacomo abbiamo trascorso un’estate intera a coltivare questo
campo di mais, ormai siamo quasi contadini provetti, abbiamo irrigato ogni dieci giorni e abbiamo lottato per allontanare i cinghiali che ne sono ghiottissimi. Fino a quando non è arrivato a maturazione ci siamo divertiti a fare le pannocchie arrostite e mangiarle.
Poi a ottobre lo abbiamo raccolto a mano, separato quello da polenta da quello da pop corn, sgranato a mano e fatto essiccare.
Tempo fa comprai un mulinetto a pietra di quelli casalinghi per avere la farina fresca ogni volta che la desideravo.
È comodo, lo uso per macinare tutti i cereali e legumi che voglio far diventare farina. Insomma coltivare questo mais è un gioco da ragazzi! Niente cervello, tanto amore, tanta passione, tanto lavoro e tutto questo per mangiare un sano piatto di polenta. Piatto povero dei poveri per eccellenza eppur tanto ricco di storia, forse per questo è rimasto nella nostra tradizione. Il mais è nato praticamente con l’uomo e seppure in Europa è arrivato con Cristoforo Colombo, ha subito conquistato i nostri campi e le nostre tavole. La farina di mais era cibo quasi quotidiano, a volte si mischiava ad altre farine a seconda delle possibilità, per farne farinate e pane, anche se di scarsa sostanza.
A
Pietravairano si diceva
nu piattu ‘e farinata p’ sagli e scegni ‘a scalinata, cioè un piatto di farinata si smaltiva facilmente salendo e scendendo una scala, proprio perché poco sostanziosa. Ovvio che per arricchirla si usavano sughi a base di carne di maiale o ossa bollite, formaggi o selvaggina. Per cuocerla serviva un grosso paiolo e un bel fuoco, era un rito quasi sacro, un
giusto equilibrio tra calore e abilità nel non far formare i grumi, era un
riempipancia che però tutti aspettavano e desideravano. Forse era l’unico pasto caldo della giornata, era il più buono, quello mangiato al caldo vicino al fuoco mentre gli anziani raccontavano vecchie storie,
i cunti e i ragazzi ascoltavano con l’ingordigia del sapere. Era il condividersi non solo un piatto caldo sudato con fatica ma era condividere anche tutto il loro sapere, la storia popolare, le leggende, le credenze e le superstizioni. Momenti di umanità e intrattenimento, erano momenti unici di famiglie enormi e unite.
Oggi certo non metto il paiolo sul fuoco, anche se la scena è molto romantica e scenografica, uso un mio metodo per cuocere la polenta. Metodo approvato dalla mia famiglia visto che la polenta viene praticamente divorata sia da Giacomo che da Giuseppe o da amici che hanno avuto modo di assaggiare; a dire il vero anche mia suocera con i suoi bei 89 anni apprezza la mia polenta.
Polenta a modo mio Innanzitutto ho bisogno di una pentola di acciaio con un bel fondo termico e coperchio. Bene, per quattro persone, metto sul fuoco 2,5 litri di acqua con una
manciata di sale e due bicchieri di latte. Quando sfiora il bollore verso a pioggia 500 g di
farina di mais e mescolo con una frusta per un paio di minuti. Metto il coperchio e abbasso la fiamma non al minimo ma tra il minino e lo spegnimento,
super minimissimo. Lascio così cuocere per 60 minuti. Trascorso il tempo vado a controllare, se risulta troppo morbida alzo la
fiamma, tolgo il coperchio e girando con un
cucchiaio di legno faccio evaporare il liquido in eccesso. Se invece risulterà troppo asciutta aggiungo un pochino
di latte.
A questo punto la
polenta è pronta per essere condita. A noi piace semplice. Faccio soffriggere tanto
aglio tritato in olio d’oliva che vado a versare nella pentola, aggiungo tanto
formaggio grattugiato, mescolo bene impiatto e servo. Giuseppe è sempre il primo a finirla per la mia gioia. Anche se ogni tanto mi chiede la versione al forno che è decisamente però un piatto domenicale tanto è prelibato.
Polenta con sugo di “carne salsicciara” Prendo circa 300 gr di carne di maiale tritata a dadini e la condisco, come si condisce la carne per fare le nostre salsicce, con aglio, finocchietto selvatico, poco peperoncino e sale. La metto in una pentola, faccio rosolare per qualche minuto, sfumo con mezzo bicchiere di vino bianco e metto della salsa di pomodoro fino a coprire bene la carne. Faccio cuocere a fuoco lento per un paio di ore. A parte ho sbriciolato un paio di mozzarelle da 200 g ciascuna e le ho messe a sgocciolare in uno scolapasta in modo che perdano il siero in eccesso. Faccio la polenta come sopra descritto e, una volta arrivata a fine cottura, faccio la mia preparazione. In una teglia da forno faccio un strato di sugo, uno strato di polenta e uno di mozzarella sbriciolata e formaggio grattugiato, continuo con sugo, polenta, mozzarella come fosse una lasagna.
Concludo con formaggio grattugiato e metto in forno a 230° fino a completa fusione della mozzarella e quando vedo che si è formata una bella crosticina in superficie.
A questo punto spengo il forno e faccio riposare una mezz’ora prima di servirla.
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