Un’esplorazione a volo d’uccello tra i luoghi, i secoli e le epoche. Tra innumerevoli avvenimenti, collegamenti, riferimenti. All’interno delle isole di Ischia e Procida e tra le due isole vicine, anche nella storia, di cui hanno condiviso alcune pagine, pur mantenendo caratteristiche spiccatamente peculiari, che connotano le rispettive identità.
Che poi, per quanto riguarda Ischia, è un discorso che deve tener conto delle differenze culturali, oltre che ambientali, delle varie zone.
La prima tappa del viaggio è stata nell’interno dell’isola, tra i boschi dell’Epomeo, dove si incontrano i grandi massi di tufo verde scavati anticamente per essere trasformati in cellai, abitazioni e punti di avvistamento: le case di pietra, documentate per la prima volta nell’omonimo libro di Nicoletta D’Arbitrio e Luigi Ziviello dedicato all’”architettura rupestre dell’isola d’Ischia”, sviluppatasi quando le popolazioni costiere furono costrette a mettersi in salvo dalle continue scorrerie distruttive dei pirati barbareschi.
Seguendo la traccia del tufo verde e della pietra come materiale architettonico, si giunge alla chiesa di Santa Maria al Monte, con un sagrato creato per favorire l’incontro comunitario e la fruizione collettiva del luogo, anche all’esterno dell’edificio sacro. Una dimensione decisamente più privata è quella collegata all’eremo scavato nel tufo dei Pizzi di Sant’Andrea. E, parlando di eremo, non si può prescindere dal più noto, ricavato nel tufo verde della vetta dell’Epomeo. Lì gli eremiti accoglievano isolani e viaggiatori, come ricorda il quandro “Eremita che riceve frutta” del 1827. Massi di tufo, inoltre, sono inglobati nella particolare fabbrica della Chiesa di San Carlo al Cierco.
Architetture a Procida
Le tipiche architetture procidane si differenziano per alcuni elementi caratterizzanti: le case a schiera di Terra Murata, le case a terrazza della Corricella e la seicentesca casa a corte del Vascello, che si sviluppa su tre piani. Tra gli esempi di architettura religiosa, la chiesa di Santa Maria delle Grazie, sulla salita al castello, costruita nel 1679 da Innico Caracciolo su una cappella preesistente, come anche la chiesa di Maria Ss, della Pietà del 1760 al porto. Diversi livelli connotano l’Abbazia di San Michele arcangelo, dall’affrescata cappella settecentesca di San Michele, che fino al 1880 era sede della Congrega dei Turchini, mentre oggi lo è della Congregazione dei Gialli, fondata nell’800 da don Nicola Ricci. Rimarchevole il patrimonio della biblioteca, che conta ottomila volumi, tra cui alcuni manoscritti, testi antichi di varie materie, corali del ‘500 e un rarissimo atlante geografico del 1570. Ha sede nella sacrestia la Congrega dei Rossi, fondata da Sant’Alfonso de’ Liguori, dove si svolgevano le riunioni del Capitolo ed è custodita una tela di Domenico Guarino, allievo di Luca Giordano. Altro ambiente del complesso abbaziale è l’ossario con uno scolatoio, come nel cimitero delle Clarisse sul Castello Aragonese di Ischia.
Testimone del culto di San Michele arcangelo è una tela di Nicola Russo del 1690, che raffigura il miracolo del Santo, che liberò dall’assedio della flotta di Barbarossa l’isola di Procida, rappresentata com’era nel registro inferiore del dipinto.
I riti comunitari
E il culto di San Michele è praticato da tempi molto antichi anche a Sant’Angelo d’Ischia, dove il 29 settembre si svolge un’emozionante processione fino alla spiaggia dei Maronti.
Dal rito sacro al profano, con la danza della ‘Ndrezzata, l’”intrecciata” di Buonopane, dove viene eseguita il 24 giugno e a Pasquetta fuori al sagrato della chiesa di San Giovanni. Tanti gli studi dedicati ai significati simbolici degli abiti, della formula recitata prima di intrecciare spade e mazzarielli fra due gruppi di danzatori che, stando a una delle possibili storie sull’origine, rappresenterebbero l’epilogo riparatore di una contesa scoppiata nel 1540 tra baranesi e buonopanesi, provocata da una storia d’amore contrastata.
Tra le manifestazioni rituali più sentite e significative, la Processione dei Misteri del Venerdì Santo a Procida, promossa dalla Congrega dei Turchini dal 1629, che vede la partecipazione di tutta la popolazione intorno e dietro i Misteri, ovvero le ricostruzioni scenografiche ispirate all’Antico e Nuovo Testamento, e le statue sacre. In particolare, la commovente statua del Cristo Morto, attribuita anticamente dai fedeli a un artefice ristretto nel carcere di Terra Murata, mentre è opera del 1728 dello scultore Carmine Lantriceni. Il coreo funebre del Venerdì Santo è stato proposto anche nel film L’albero delle pere di Francesca Archibugi del 1998.
Sempre nel campo dei riti religiosi, Annicelli ha ricordato la cerimonia della Domina noctis nel Venerdì Santo a Ischia. Al ‘500 risale la devozione all’Addolorata nella chiesa della Mandra, sostenuta dai Padri Serviti presenti all’epoca sull’isola. Sempre il culto dell’Addolorata è di casa presso la congrega di Santa Maria della Pietà a Casamicciola, originariamente in piazza Maio, poi trasferita vicino al mare dopo il sisma del 1883. Per la congrega fu dipinta da Andrea Vaccaro una sua versione della Pietà.
Il terremoto del 1883
Ha segnato un prima e un dopo nella storia moderna di Casamicciola il terremoto che portò morte e distruzione nella cittadina termale, che accoglieva turisti da ogni parte d’Europa per le rinomate virtù curative delle sue acque. E anche tanti uomini di cultura, che vi trascorrevano lunghi periodi per le cure. Tra tanti, Annicelli ha ricordato Henrik Ibsen, che a Casamicciola scrisse il Peer Gynt , e che si concedeva passeggiate quotidiane con l’amico danese Wilhelm Bersoe, autore de La pietra cantante. Perciò la notizia del terremoto si diffuse ben oltre i confini d’Italia e suscitò grande commozione ovunque, convogliata in tantissime iniziative di soccorso e di sostegno. Annicelli ha ricordato la partecipazione, accanto a quella di migliaia di persone, di tanti intellettuali alla campagna di raccolta fondi per Casamicciola. Giovanni Verga dedicò una novella al disastro, ricordando una sua visita sull’isola, mentre nella sua Casamicciola Giosuè Carducci scriveva “profonda, solitaria, immensa notte…”.
La stagione culturale del Novecento
Con il Novecento e il superamento del trauma post terremoto, il ritorno del turismo termale e non a Ischia, ha riportato sull’isola anche personalità di primo piano della cultura mondiale. Arrivò sull’isola allora anche Pablo Neruda, che vi si ispirò per L’uomo invisibile, un autoritratto poetico del 1952. A Ischia conobbe l’artista isolano Aniellantonio Mascolo, che abbozzò un ritratto della moglie del poeta cileno, Matilde, poi andato perduto. Impossibile non ricordare, a proposito di Neruda, il Il postino con Massimo Troisi, tra le produzioni cinematografiche più legate a Procida.
Tra gli anni della guerra e quelli del dopoguerra, fino circa ai ’60, Sant’Angelo e Forio furono mete predilette di artisti europei e uomini di cultura italiani, che scelsero i borghi costieri isolani come luoghi dell’anima in cui vennero alla luce diverse loro opere. Numerosi i tedeschi, sfuggiti al nazismo, tra i primi i pittori Werner Gilles e Hans Purmann, scopritore di uno dei maggiori artisti ischitani del ‘900, Luigi De Angelis.
Punto di riferimento di quella stagione molto particolare della storia dell’isola, fu a Forio il Bar Internazionale di Maria Senese, frequentato da artisti come Eduard Bargheer, determinanti nella scoperta di talenti artistici tra i giovani isolani, come nel caso di Luigi Coppa. Un’epoca di grandi fermenti intellettuali sull’isola, di cui resta testimonianza negli scritti di Truman Capote, di Wystan Auden, come di Pasolini, Moravia ed Elsa Morante. Che ha legato il suo nome ad un’opera letteraria ambientata a Procida, L’isola di Arturo, scritta nel ’55 durante un soggiorno presso l’Hotel Eldorado, nella quiete del suo limoneto. L’opera, vincitrice del Premio Strega nel 1957, fu trasposta in una fortunata versione cinematografica da Damiano Damiani nel 1962.
L’isola e la settima musa
Negli anni ’50, approdò a Ischia l’editore e produttore cinematografico Angelo Rizzoli, che mise radici sull’isola, accreditandola come meta del turismo internazionale, richiamo per il jet set dell’epoca e per gli esponenti di spicco del mondo del cinema. In quegli anni, tutti i personaggi famosi passarono per Ischia e numerose furono le produzioni girate sull’isola, tra le capitali del cinema italiano, presente sulla stampa dimezzo mondo grazie anche alle fotografie di un “paparazzo” locale come Gaetano Di Scala.
Una notorietà che dopo Rizzoli, seppur scemata, non è mai completamente venuta meno, tanto che l’isola è stata ancora scenografia viva di diverse opere per il grande schermo, come Il talento di Mr Ripley, che mostra panorami inconfondibili di Ischia, Vivara e Procida e, più di recente, de L’amica geniale, sulla scia del successo letterario mondiale della serie di Elena Ferrante.
A conclusione del suo ampio excursus sulle tracce della cultura sulle isole, la relatrice ha proposto un’opera artistica contemporanea, L’arco in cielo di Arnaldo Pomodoro, integrata nell’ambiente del parco Negombo, così come aveva iniziato la sua narrazione da un’opera di Vettor Pisani.
AREA MARINA PROTETTA DELLE ISOLE FLEGREE REGNO DI NETTUNO
{SCOpenGraph image=https://discovercampania.it/images/76.jpg}
Comments powered by CComment