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Al grande e vario patrimonio di biodiversità a terra e a mare, le Isole Flegree accompagnano anche un non meno rimarchevole patrimonio culturale, di cui sono parte integrante le testimonianze storico-archeologiche custodite dal mare e solo in parte riportate alla luce.

Ad esse è stato dedicato il tredicesimo incontro di Isole Verdi, il corso di formazione per operatori turistici promosso dall’Area Marina Protetta Regno di Nettuno, che ha visto protagonista il racconto dell’archeologa Alessandra Benini, impegnata da oltre dieci anni nell’attività di ricerca subacquea che sta facendo luce sulla città sommersa di Aenaria. Un’indagine archeologica che, fin dall’inizio, è stata parte di un più ampio progetto di valorizzazione del sito subacqueo esplorato, fino a farne uno dei richiami del territorio isolano, capace di attrarre visitatori dall’Italia e dall’estero e di contribuire ad accreditare la possibilità di un’offerta turistica di qualità, diversa e complementare rispetto a quella che connota tradizionalmente l’isola d’Ischia.

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È partita da una rassegna dei siti archeologici e dei musei di Procida e di Ischia, Benini, sintetizzando un quadro che si presenta a tinte piuttosto fosche su entrambe le isole. A Procida sono in corso delle iniziative che si spera maturino al più presto; quanto a Ischia, la situazione è assai poco incoraggiante. Il Museo Archeologico di Pithecusae è affidato spesso a giovani volontari che in qualche caso sono preparati, ma a volte non sono all’altezza dell’importanza del luogo e del compito e molti turisti partono da Ischia senza aver neppure conosciuto l’esistenza del museo. Gli Scavi e il Museo di Santa Restituta sono chiusi e fuori da tempo dall’offerta culturale. La Torre di Guevara pure è chiusa da anni per lavori, che dal Comune assicurano in dirittura d’arrivo, ma la struttura è ancora inaccessibile. Proprio lì, dal 2014, sono allestite due sale, pronte ad accogliere i reperti di Aenaria, il cui sito è proprio nel tratto di mare sotto la Torre, ma per motivi burocratico-amministrativi è ancora tutto bloccato. L’unico bene culturale in ottime condizioni, punto di riferimento e attrattore fortissimo è il Castello Aragonese. E poi c’è il sito di Aenaria, che comunque, essendo sommerso, è meno facilmente fruibile e ha bisogno ancora di essere fatto conoscere. Insomma, rispetto alla sua consistenza, l’offerta culturale dell’isola appare complessivamente disastrata.

 

L’arcipelago flegreo e le variazioni del livello del mare

L’approccio alle Isole Flegree, qualunque sia l’argomento da trattare, non può che partire dalle loro caratteristiche geologiche e l’archeologia non fa eccezione. Già la forma delle coste delle tre isole ne evidenzia la natura vulcanica. E come sono numerose le bocche vulcaniche a terra, lo sono anche nel mare che circonda i territori insulari.

Procida si è formata intorno ai tre più antichi crateri di Vivara, Pozzo Vecchio e Terra Murata e ai successivi Fiumicello e Solchiaro e la sua conformazione offriva anche anticamente vari punti di approdo e di ridosso per la navigazione. Va considerato che !30mila anni fa, il livello del mare era inferiore di 120 metri rispetto ad oggi, e le isole erano unite tra loro e collegate all’area flegrea. Le  variazioni del livello del mare sono legate ai periodi caldi e freddi: nei primi, lo scioglimento dei ghiacciai fa aumentare il livello del mare, che nel Tirreniano è salito anche di sette metri; nei secondi, con l’incremento dei ghiacci ai Poli, il livello è sceso fino a 120 metri e l’acqua si è ritratta rispetto alle terre emerse. Perciò la navigazione nell’antichità era più semplice e furono possibili i collegamenti tra terre oggi lontane che allora erano molto più prossime. Queste variazioni della forma della costa in funzione del livello del mare, poi, spiegano la presenza di tanti siti, un tempo emersi, sotto il mare.Schermata 2021 04 08 alle 08.21.42

Per ricostruire i livelli raggiunti dal mare nel passato e le antiche altezze di marea, sono di aiuto i solchi di battente lasciati dalle onde quando si frangono sulla roccia. Altro elemento di valutazione sono i vents, ovvero le emissioni gassose da faglie sottomarine, che producono movimenti di terreno, in grado di portare variazioni del livello del mare che possono essere ricostruite.

La presenza di numerosi siti archeologici sommersi può dare un contributo fondamentale al turismo, se, utilizzando la tecnica dello storytelling si riesce a farli rivivere ai visitatori. A questo proposito, non è necessario disporre di reperti e strutture tanto numerosi e tanto importanti come nei fondali di Baia, purchè ciò che c’è, si sappia raccontare in modo coinvolgente. Comunque, il sito non va mai sfruttato, ma deve essere tutelato e correttamente valorizzato.

 

Schermata 2021 04 08 alle 08.21.42A Procida, c’è ancora molto da indagare

Dal punto di vista archeologico, il mare di Procida va ancora indagato, se ne sa ancora molto poco. Da una carta degli anni ’90 si evidenziano vari punti con elementi antropici, a varie profondità, che potrebbero essere spunto per un percorso e per specifiche immersioni.La scala micenea del XV secolo a.C. corrisponde ad un livello del mare più basso di 10/12 metri rispetto a oggi.  La quota a meno nove metri consentiva di mettere in secco le barche sulle spiagge, com’era abitudine in epoca greca. Il livello del mare in epoca romana, inferiore di 6 metri, si nota da alcune evidenti lavorazioni dell’uomo sulle rocce in alcuni siti, come sotto al faro, dove forse c’era un posto per la lavorazione del pesce. Peraltro, a Procida era attiva una tonnara. E all’occhio esperto non sfuggono, in vari punti, rocce forate per gli ormeggi, segnale dell’intensa attività marittima che si svolgeva intorno all’isola, importante crocevia di commerci nel Mediterraneo fin dall’epoca micenea.

 

Ischia, da Pithecusa ad Aenaria

La posizione strategica di Ischia rispetto alle rotte commerciali nel Mediterraneo occidentale, considerando anche la potenza etrusca in espansione verso sud e il collegamento con le miniere di ferro dell’isola d’Elba, fu nell’VIII secolo a.C. all’origine della scelta dei navigatori partiti dall’Eubea di insediarsi sull’isola, dove fondarono Pithecusa. Da “pithos”, vaso, perché i greci, abili nella produzione ceramica, trovarono disponibilità di argilla per la lavorazione della terracotta. Portarono anche la conoscenza dell’alfabeto, che insegnarono al mondo occidentale

Tra gli insediamenti greci, quello di Punta Chiarito, dove sono stati trovati ami da pesca, ma anche fori nel terreno riconducibili all’impianto di una vigna. Il sito, ora abbandonato e coperto di vegetazione, potrebbe essere un altro attrattore culturale per i visitatori dell’isola.

Schermata 2021 04 08 alle 08.21.42Tra i reperti più significativi, oltre alla Coppa di Nestore, Benini ha ricordato il cratere del Naufragio, che raffigura appunto una scena di naufragio con un uomo sul punto di essere divorato da un grande pesce.

Ischia rimase storicamente di cultura greca, sotto il controllo di Napoli, anche in età romana, fin quando non passò sotto il diretto dominio di Roma nel I secolo a.C. Durante la guerra civile tra Mario e Silla, Ischia come Napoli si schierarono al fianco del primo che, quando ne uscì sconfitto, passò per Napoli e per l’isola, dove si imbarcò con i suoi seguaci verso l’Africa, per sfuggire alla proscrizione. L’isola pagò cara la sua presa di posizione, anche se non tutti gli studiosi concordano sulla tesi che Pithecusa fu distrutta in quella circostanza. Sta di fatto che il toponimo Pithecusa scomparve da allora, per lasciare il posto a quello di Aenaria, da “aenum”, metallo, forse associato a fonderie di metalli.

Se in età romana l’intera costa tra Capo Miseno e Punta Campanella appariva completamente antropizzata, con approdi, ville e peschiere, tanto da essere definita da Strabone “un’unica città”, contemporaneamente l’isola non presenta resti di insediamenti altrettanto diffusi, benchè la grande disponibilità di acque termali avrebbe dovuto incentivarli. Se così non fu, la causa accreditata è che proprio in quel periodo l’isola visse una delle sue fasi telluriche e vulcaniche più turbolente.

 

La scoperta di Aenaria

Schermata 2021 04 08 alle 08.21.42Ma allora, Aenaria è esistita? Una parte della città romana giace nella baia di Cartaromana, che già dal nome segnala il legame con quel periodo storico. Già negli anni  ’70 tre subacquei avevano ritrovato diversi reperti, che fornirono un primo riscontro di quella presenza, ma la scarsità di fondi impedì di approfondire la ricerca e tutto cadde nel dimenticatoio. Perché l’archeologia facesse di nuovo irruzione nella baia sotto il Castello, già ricca di tanti attrattori naturali, si è dovuto aspettare il 2011, quando la società Ischia Barche Marina di Sant’Anna, da un’idea di Giulio Lauro, propose alla Soprintendenza la ripresa degli scavi, investendo nel suo finanziamento. Nacque così il progetto Navigando verso Aenaria, considerato all’epoca dai più come una follia, giacchè nessuno poteva prevedere quali sviluppi avrebbe potuto avere, sebbene quanto emerso in precedenza dal mare potesse far ben sperare in un esito favorevole dell’iniziativa. C’erano un’antica vasca, citata anche da Boccaccio, una grotta ninfeo tutta da interpretare e strutture murarie a rischio crollo e una struttura che, inizialmente collegata ad una fonderia, in realtà era stata realizzata in mare dall’origine.

 

Dieci anni di ricerche subacquee

In dieci anni le campagne di scavo susseguitesi nella baia di Sant’Anna hanno fornito indicazioni utili a ricostruire la forma della baia stessa in età romana, consentendo l’identificazione certa di un’area portuale, di una villa marittima dove sono ora i ristoranti e del pontile angioino del XIII secolo, verso il Castello. Tutto inserito in un itinerario subacqueo che può qualificare l’offerta turistica culturale.Schermata 2021 04 08 alle 08.21.42

Proprio la scogliera angioina si è rivelata con cinquanta pali di legno infissi sul fondale e la datazione è stata possibile grazie al recupero di ceramicaspiral ware”. Altre scoperte hanno riguardato un tunnel scavato dall’uomo dentro uno degli Scogli di Sant’Anna, una serie di nicchie collegate che fanno pensare ad un corridoio e un ninfeo.  

L’approdo di Aenaria ha restituito i reperti più significativi per quantità e qualità. A cominciare dalla cassaforma di legno ritrovata in condizioni di conservazione che ne fanno un esemplare unico tra quelli conosciuti. L’ambiente anaerobico e il rapido insabbiamento hanno impedito che il legno fosse attaccato dal verme che ha distrutto opere simili, ma resta comunque un materiale fragile, da trattare con massima attenzione. Sono state riportate alla luce ottanta tavole, fissate a travi orizzontali, che formavano una struttura all’interno della quale doveva essere colato il calcestruzzo per la costruzione di una nuova banchina. L’indagine ha consentito di scoprire che la cassaforma è profonda fino a tre metri. Sono stati poi rinvenuti altri cento pali infissi nel fondale, forse un pontile per facilitare il carico e lo scarico delle merci.

Il rinvenimento di parti di statue e rocchi di colonne fanno pensare ad un abitato sul mare, mentre i numerosi frammenti lignei di parti di navi inabissate, suggeriscono l’idea di un grande via vai in quel tratto di mare e in relazione al porto. Così come la notevole quantità di pezzi di ancore.

Il ritrovamento di oggetti di uso quotidiano, di unguentari e lingotti di piombo hanno fatto pensare ad un rapido abbandono della città collegato ad un cataclisma. Plausibile una relazione con l’eruzione del Cretaio del 120 d.C., ma anche in seguito la baia continuò ad essere sfruttata come approdo.

 

La valorizzazione della scoperta e del sito

L’attività di ricerca archeologica fin dai primi risultati si è accompagnata ad iniziative di valorizzazione di Aenaria e delle sue testimonianze giunte fino a noi. Quando non era ancora possibile immergersi nell’area archeologica per i non addetti ai lavori, fu acquistata l’imbarcazione con fondo trasparente che consente di osservare quanto riportato alla luce sul fondale, ad una profondità di pochi metri. Un mezzo particolarmente utile per le visite guidate nella baia, di cui in questi anni hanno usufruito soprattutto studenti, provenienti da ogni parte d’Italia e sempre più anche dall’estero. Proprio per migliorare la fruizione della visita in situ, è stata allestita una sala a Ischia Ponte, dove, prima di imbarcarsi, le scolaresche e gli altri visitatori vengono preparati con un video informativo a ciò che potranno osservare nella baia e al lavoro precedente di esplorazione dell’area archeologica, di individuazione e di ripulitura dei reperti con le sorbone, di rilevazione grafica e fotografica dello scavo e di recupero dei materiali. La prossima novità sarà un nuovo video, che grazie all’uso di “occhiali” speciali e alle ricostruzioni virtuali consentirà un viaggio nel tempo con una passeggiata sulla banchina del porto di Aenaria in piena attività.

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Ottenuta dal Ministero dei Beni Culturali una concessione triennale, è stato creato un percorso per una visita/passeggiata da fare con maschera e pinne, giacchè il basso fondale consente di fare snorkeling con un’ottima visione. Naturalmente sono possibili anche le immersioni tra le testimonianze di Aenaria, ma anche tra le meraviglie della flora e della fauna della baia, valorizzata a tutto tondo per le sue particolarità. Sono previste sempre visite guidate, per un approccio sostenibile e attento alla tutela del patrimonio ritrovato.

L’impegno nella comunicazione si è sostanziato anche nell’apertura di un infopoint a Ischia Ponte e in due pubblicazioni, con disegni e ricostruzioni, dedicate ai giovanissimi visitatori e diffuse nelle scuole. Tante iniziative per fare di Aenaria un punto di riferimento nella riqualificazione culturale dell’offerta turistica dell’isola.

   AREA MARINA PROTETTA DELLE ISOLE FLEGREE REGNO DI NETTUNO

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