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Situata nel pieno centro del ventre di Neàpolis, foro dell’epoca romana nonché Agorà del periodo greco, la basilica di San Paolo Maggiore è uno degli edifici religiosi più importanti di Napoli.

IMG 7434Sorge in un luogo dove un tempo si trovava un tempio di epoca romana, ovvero il tempio dei Dioscuri del I secolo d.C., le cui rovine erano ancora visibili fino al 1688, quando un fortissimo terremoto scosse la città di Napoli. Di quell’antichissimo edificio, però, è possibile vedere ancora due colonne di ordine corinzio.

 Prima di proseguire con la descrizione della chiesa è necessaria qualche nota sulla piazza in cui si trova: Piazza San Gaetano. Prende il nome dalla statua dedicata al santo, opera di Andrea Falcone, importante scultore del Seicento a Napoli. Venne eretta come ex-voto per la liberazione dalla peste che colpì Napoli nel 1656. Un tempo, però, la piazza era il centro nevralgico della vita greca e romana. Qui, infatti, si svolgevano attività di carattere commerciale, politico ed economico.

La basilica di San Paolo Maggiore ufficialmente venne eretta alla fine del VIII secolo, quando il tempio pagano venne sostituito da una chiesa paleocristiana per celebrare la vittoria dei napoletani contro i Saraceni, avvenuta proprio nel giorno di San Paolo (da qui l’intitolazione della chiesa al santo di Tarso). Tuttavia abbiamo maggiori notizie sulla nostra basilica a partire dal 1538 quando il viceré Don Pedro de Toledo diede l’edificio in concessione a Gaetano da Thiene e ai Padri teatini. Questi avviarono una campagna di ricostruzione tra il Cinquecento e il Seicento. Tra i tanti lavori cinque-seicenteschi ricordiamo, ad esempio, quelli di Francesco Grimaldi, Giovan Battista Cavagna (autore della navata centrale) e di Giovan Giacomo di Conforto (autore delle navate laterali). Tutte opere che rivoluzionarono l’aspetto della chiesa rispetto al passato. Tra i principali interventi segnaliamo, poi, quelli di Massimo Stanzione, che affrescò la navata centrale, e quelli di Dionisio Lazzari. Questi, in particolare, costruì una volta in muratura che collegava la facciata alle colonne antiche di epoca romana. Nel 1688 il terremoto distrusse tutte le colonne, ad eccezione di due, che rimasero in piedi e che ancora oggi possiamo ammirare. I resti vennero usati per le decorazioni interne. Nel Settecento proseguirono lavori di abbellimento ad opera di artisti straordinari come Domenico Antonio Vaccaro e Francesco Solimena.

L’interno della basilica di San Paolo Maggiore, ampio e spazioso, è a croce latina, a tre navate. Vi si trovano ben quattordici cappelle, alcune delle quali di pregevole fattura artistica. Una delle opere simbolo della chiesa è indubbiamente l’Angelo Custode di Domenico Antonio Vaccaro. La statua, realizzata in marmo, risale al 1725 anche se gli ultimi studi tendono a retrodatare il gruppo scultoreo al 1712. Oggi si trova lungo la navata centrale, ma in origine era in una delle cappelle laterali, quella, appunto, dell’Angelo Custode. L’opera, una delle più importanti del Settecento a Napoli, raffigura l’angelo intento a proteggere un bambino. Il gruppo scultoreo manifesta una particolare vivacità, grazie ai panneggi che ravvivano la veste dell’angelo e ai volti dei due personaggi ricchi di umanità e pàthos. Notevole è anche la scelta da parte di Domenico Antonio Vaccaro di un marmo con venature scure, che dà dinamismo ed eleganza all’intera opera.

Tra le cappelle principali della basilica di San Paolo Maggiore c’è la cappella Firrao, autentico capolavoro del barocco napoletano. Il sacello, situato lungo la parete presbiteriale, a sinistra dell’abside, fu fortemente voluto dalla famiglia Firrao, principi di Sant’Agata di Calabria. Come un proscenio teatrale gira tutto attorno alla figura della Madonna delle Grazie, realizzata nel 1640 da Giulio Mencaglia. Attorno a questa statua vi sono i sepolcri di Cesare Firrao, con la scultura del defunto realizzata da Giuliano Finelli nel 1640, e di Antonino Firrao, opera di Mencaglia (1640-1641). Di questo ambiente sono molto interessanti anche le decorazioni in marmi policromi di Dionisio Lazzari, ma soprattutto gli affreschi di Aniello Falcone realizzati nel 1641 e raffiguranti scene bibliche e varie Allegorie. Guardando la cappella Firrao, il visitatore potrà immergersi appieno nel barocco napoletano che, come si sa, tende sempre a colpire l’immaginario dell’osservatore.IMG 7437 1920 1080

Un’altra cappella molto importante è indubbiamente quella della Purità. Il nome di questo sacello deriva dalla tavola della Madonna della Purità, realizzata dal pittore spagnolo Luis de Morales. Oggi, al suo posto, vi è una copia. La cappella, alla cui realizzazione lavorarono figure di spicco del Seicento napoletano come Dionisio Lazzari, Bartolomeo Ghetti e Giovan Domenico Vinaccia, è preceduta da un vestibolo. In esso vi sono quattro nicchie che si aprono sulle colonne portanti, dove sono collocate le quattro statue delle virtù cardinali: la Temperanza, la Prudenza, la Giustizia e la Fortezza. Le prime tre sono opera di Andrea Falcone, che le scolpì tra il 1673 e il 1675, mentre l’ultima fu portata a termine dal suo collaboratore Nicola Mazzone nel 1704. La cappella vera e propria presenta ovunque rimandi al tema della purezza. Lo riscontriamo, ad esempio, nei dipinti di Massimo Stanzione raffiguranti la Concezione della Vergine e il Riposo durante la fuga in Egitto e in quelli di Pacecco De Rosa, la Natività della Vergine e la Presentazione di Gesù al tempio.




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ingresso gratuito