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Nel centro della città, a pochi passi dal mare. Con la protezione delle mura bizantine che si frapponevano protettive tra la spiaggia e quel sito dalla storia già molto lunga e significativa.

Fin dall’epoca romana, tra il I e il II secolo d.C., quando vi era stato impiantato un complesso termale caduto in disuso intorno al IV secolo. In seguito, la struttura antica era stata riutilizzata dai primi cristiani, che avevano trasformato il frigidarium in chiesa con annesso sepolcro familiare di un tale Socrate, personaggio di rango nella Salerno bizantina. Su quei livelli preesistenti il duca Arechi II aveva scelto di far edificare il suo nuovo palazzo. Grande, imponente, sontuoso, ispirato alla reggia del potente nemico Carlo Magno ad Aquisgrana. Come si conveniva alla residenza di un principe nella nuova capitale del suo stato. E quando nel 774 Arechi si spostò da Benevento a Salerno, considerandosi erede e ormai unico rappresentante del potere longobardo in Italia, il palazzo era pronto ad accoglierlo con l’amata moglie Adelperga, figlia di Desiderio, il re longobardo appena sconfitto da Carlo Magno a Pavia. E proprio alla sua compagna di vita, che lo sosteneva anche nell’attività di governo, dedicò la reggia. Che si sviluppava tra il rione Barbuti e la via Pietra del Pesce, costruito su più livelli, composto da numerosi ambienti, tra cui la sala del trono, collocata al di sopra della chiesa paleocristiana. Della reggia faceva anche parte la cappella palatina, intitolata ai Santi Pietro e Paolo. 

Con l’avvento dei Normanni il palazzo fu destinato ad accogliere uffici pubblici. La sala di rappresentanza veniva utilizzata per le assemblee del parlamento cittadino ed ebbe un ruolo nelle attività della Scuola Medica. E fu abbellito da altre opere d’arte. Nel Cinquecento il pavimento della chiesa longobarda crollò, con conseguenze anche sulla stabilità delle stratificazioni sottostanti, rendendo necessario un restauro nel 1576. Nel Settecento fu creata una nuova scala di accesso alla chiesa, che cadde progressivamente in disuso, Intanto,  il palazzo reale veniva ceduto dal demanio come suolo edificatorio. Così, parti della struttura originaria furono inglobate nei nuovi edifici ed è quello che resta ancora oggi del complesso di San Pietro a Corte, unica testimonianza archeologica di palazzo longobardo giunta fino a noi, seppure molto trasformata e mutilata. Ma sono ancora ben visibili e identificabili colonne e capitelli che sorreggono le arcate del loggiato della sala del trono e le bifore sorrette da colonnine con capitelli altomedievali. Sul lato nord della chiesa longobarda c’è la cappella di Sant’Anna, creata nel 1725, poi ampliata, in seguito sconsacrata e qualche decennio fa restaurata, mentre si svolgevano gli scavi per riportare alla luce gli strati più antichi del sito di San Pietro a Corte.