“O Vatia, tu solus scis vivere”, “O Vatia, tu solo sai vivere”: è rimasta nel tempo, consegnata alla storia, l’esclamazione con cui lo apostrofavano i suoi pari, quando lo incontravano a Roma, evocando i lunghi periodi che l’Isaurico amava trascorrere nella sua villa d’otium nel rinomato mare campano.

Publio Servilio Vatia, che aveva sgominato i pirati della Cilicia e trionfato contro gli Isauri, membro di spicco del senato e grande amico di Cicerone, per costruire la sua villa marittima aveva scelto il tratto costiero antistante la florida Cuma, affacciato sul panorama delle isole. Sul massiccio sperone di tufo giallo limite meridionale della spiaggia sabbiosa aveva edificato l’enorme villa, accuratamente fortificata e disposta su vari piani, fino a raggiungere il mare, dove si trovavano le peschiere per l’allevamento dei pesci. Lì ospitava le personalità più in vista della Roma repubblicana del I secolo a.C. «Una raggiante villa d’ozio», la definì in una delle sue lettere a Lucilio Seneca, dopo avervi soggiornato.

E raggiante appare sempre, in ogni stagione, la spiaggia custodita dalle rocce gialle di tufo che conservano, insieme al mare, quanto resta della villa di Vatia. A caratterizzare il litorale cumano è oggi anche un lungo pontile, che si protende nel mare verso le isole, splendida passeggiata al sole anche d’inverno. Sfondo ideale per fotografie e video, con lo spettacolo di Ischia e Procida che diventa incomparabile all’ora rosa e al tramonto, il pontile divide l’arenile. A sinistra c’è la spiaggia libera, a destra si trova il lido attrezzato. Subito dietro, al servizio della spiaggia, la stazione dell’ultima fermata della ferrovia Cumana.

Quel tratto litoraneo dell’antica Cuma, nel territorio di Monte di Procida, ha mutuato il nome di Torregaveta dalla torre di difesa dagli attacchi saraceni edificata, insieme ad altre torri costiere gemelle, nel 1532, su ordine del vicerè don Pedro Alvarez de Toledo. Gàveta era forse il nome della zona quando fu costruita la torre o, secondo altri, deriverebbe da “àveta”, alta, per indicare che quella era la punta più alta lungo la costa.